lunedì 5 luglio 2010

Kosovo: attentato alla nazione serba


Da http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=2980


Un gruppo di serbi protesta nella zona nord di Kosovska Mitrovica, in Kosovo, qualcuno passa e lancia una granata: un morto e 11 feriti. È successo ieri mattina intorno alle 10.00. Ufficialmente non è chiaro chi ci sia dietro il delitto, ma sembra evidente che si tratta dell’ennesima violenza di matrice albanese sulla minoranza serba.
Mitrovica è il luogo dove quasi quotidianamente si confrontano o scontrano gli albanesi e i serbi, che non rinunciano al Kosovo come parte integrante della Serbia: Belgrado ha fatto richiesta formale alla Corte dell’Aja, chiedendo di invalidare la proclamazione unilaterale di indipendenza da parte della “dirigenza” kosovara albanese. Mosca sostiene questa causa, da sempre. L’anno scorso il capo del Cremlino Dmitrij Medvedev è stato nella capitale serba, è intervenuto in parlamento e ha confermato la vicinanza della Russia alle istanze dei “fratelli slavi” d’Occidente.
La città dove è avvenuta la violenza è divisa in due dal fiume Ibar: a sud vivono gli albanesi, a nord i serbi. Proprio là dove come in un ghetto vive la minoranza serba, il governo di Priština, da quest’ultima non ritenuto legittimo, aveva deciso di aprire un proprio ufficio di rappresentanza: un migliaio di serbi sono scesi in strada ad esprimere dissenso nei confronti dell’ennesima prepotenza, qualcuno ha pensato bene di intimidire e disperdere la folla lanciandole una bomba.
Metodi di dissuasione deplorevoli, terroristici. Del resto come ci si può stupire? I kosovari albanesi traggono la loro ispirazione dallo stesso governo centrale, dal quale evidentemente si sentono legittimati ad agire così. Il premier Hashim Thaçi ha dei trascorsi poco lodevoli. Basta fare qualche ricerca in internet per accorgersi che il signor Thaçi non è proprio quella che si direbbe una persona per bene. Varie fonti, anche autorevoli, lo descrivono come un criminale: è stato a capo dell’Uçk, considerato uno dei gruppi terroristici più pericolosi al mondo. Secondo il Washington Times l’Uçk, con Thaçi al comando, si finanziava grazie al controllo del traffico di droga nell’Europa occidentale.
La fortuna di questo personaggio deriverebbe dalla necessità degli Stati Uniti di avere in loco un uomo di fiducia, determinato, per portare a termine lo smembramento della Serbia, considerato un avamposto della Russia, e per tenere sotto controllo quello che si sarebbe venuto a creare dopo: l’attuale repubblica del Kosovo.
Viene spontaneamente una considerazione. Viene in mente il bombardamento di Belgrado e quello di Novi Sad: cittadina di provincia con un’innocua cittadinanza, in buona parte di nazionalità ungherese, vittima della strategia bellica, intelligente, atlantica. Un ricordo a Slobodan Milošević, morto gravemente malato nella sua cella del carcere dell’Aja. Inutili sono stati gli appelli per un giusto trattamento medico: Milošević doveva morire. Essere cancellato, dimenticato, tolto di mezzo.
Dietro queste piccole grandi tragedie ci sono, con un ruolo di protagonisti, gli Stati Uniti, la stessa grande potenza democratica che ha determinato i successi di un ex criminale, ora rispettato statista, che si intrattiene allegramente con i colleghi d’Europa e d’oltre oceano.
Torniamo all’attentato. L’Eulex, la missione europea in loco, non sa niente, non ha visto da dove sia stata lanciata la bomba sui manifestanti. Chissà se si troverà mai un colpevole, da processare e punire. In questa come nelle precedenti occasioni, funzionari e comuni cittadini serbi del Kosovo accusano l’Eulex di non essere neutrale, anzi di essere schierata con la parte albanese.
Il presidente serbo Boris Tadić è stato prudente: Belgrado non reagirà a questo attentato, “una provocazione alla pace e alla Serbia”, in fila, disciplinata e paziente, davanti ai cancelli dell’Ue. Ha però chiesto alle istituzioni internazionali di far sentire con forza la loro voce, di condannare il delitto. Se si accontenta di qualche vaga dichiarazione di circostanza, avrà pure la sua piccola soddisfazione.

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