giovedì 22 luglio 2010

Prodi e il caso Moro



http://www.stampalibera.com/?p=14090
http://www.stampalibera.com/?p=14090
“A trent’anni di distanza, il professore, ovvero l’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi ancora non ha fatto luce su uno degli episodi che hanno contraddistinto gli anni di piombo e che lo hanno visto protagonista negativo di quella vicenda: il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.
Sarebbe l’ora che Prodi alzasse una volta per tutte il sipario sulla tanto misteriosa quanto famigerata seduta spiritica dietro la quale a tutt’oggi ostinatamente continua a trincerarsi.

Veniamo ai fatti.

Tutto ruota attorno al covo dove le BR tenevano segregato l’onorevole Moro, che fu oggetto di strane e per certi versi assurde ricostruzioni.
Ebbene, fu Prodi, all’epoca professore alla turbolenta università di Bologna ad indicare il nome del luogo, “GRADOLI”.
Oggi come ieri, l’ex presidente dell’IRI, sostiene e sostenne davanti ai magistrati e ai parlamentari che successivamente formarono una commissione d’inchiesta, che quel nome gli fu rivelato il 2 aprile 1978, dagli spiriti di La Pira e don Sturzo durante una seduta spiritica.
Si! avete capito bene, una seduta spiritica; di quelle con le persone che si tengono le mani davanti ad un piattino poggiato su un tavolino a tre zampe.
Andiamo nei dettagli.
Il professor Prodi quindi, si reca a Roma due giorni dopo la seduta spiritica e trasmette l’indicazione ad Umberto Cavina, capo ufficio stampa dell’On. Benigno Zaccagnini.
Nel passaggio tra “fonte” e partecipante alla seduta, dev’esserci stata, però, qualche incomprensione, perché l’informazione fu travisata e così l’indicazione di via Gradoli, covo BR in Roma, successivamente scoperto, subì il mutamento in PAESE di Gradoli, deviando gravemente le indagini degli investigatori.
Sulla base di questa segnalazione, infatti, il 6 aprile venne organizzata una perlustrazione a Gradoli, un paesino in provincia di Viterbo. Il ministero dell’Interno, però aveva in precedenza ricevuto una segnalazione a riguardo, che parlava di VIA Gradoli, che nessuno ritenne attendibile.
In realtà fu proprio la moglie di Moro, Eleonora, ad ipotizzare potesse trattarsi di una via di Roma, ma nessuno, ancora una volta diede seguito a questa idea.
Via Gradoli, però esiste eccome: è una traversa di via Appia, con una sbarra automatica che ne chiude l’accesso alle automobili dei non residenti.

Aldo Moro fu assassinato il 9 maggio 1978, ma sono ancora oggi molti i punti interrogativi sulla vicenda.

A cui solo Prodi può dare risposta! Dobbiamo credere alla storia della seduta spiritica?

Approfondiamo anche questo aspetto. Dubbi ce ne furono e ne restano ancora troppi.

Sia i magistrati che le commissioni d’inchiesta sul caso Moro e sul dossier Mitrokhin continuano ad interrogarsi, presentando da sempre la stessa richiesta di chiarimenti al professor Prodi: Chi informò veramente Romano Prodi della presenza dei rapitori di Moro nel covo di via Gradoli e per quale motivo si dovette ricorrere all’espediente della seduta spiritica per giustificare l’origine della notizia?
Il 10 giugno 1981 Prodi è chiamato a dare le prime spiegazioni su quella seduta davanti alla commissione Moro.
Ancora nel 1998 in commissione stragi e terrorismo, ma stavolta il professore si rifiuta di presentarsi, cosa che invece fecero altri due partecipanti alla seduta, tali Mario Baldassarri e Alberto Clò, entrambi divenuti in seguito collaboratori del governo Prodi.
E ancora il 5 aprile 2004, quando Romano Prodi viene ascoltato come testimone dalla “Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il dossier Mitrokhin e l’attività d’intelligence italiana”. Secondo il presidente della commissione, Paolo Guzzanti, Prodi “non ha avuto il coraggio di pronunciare le parole seduta spiritica, piattino o tazzina”e a avrebbe taciuto, pur sapendolo, sul covo nel quale il presidente della Dc fu tenuto segregato. Nel corso della seduta, l’On. Fragalà ha ricordato all’ex presidente dell’Iri un articolo del settimanale “Avvenimenti”, secondo il quale Giuliana Conforto, figlia di Giorgio Conforto, agente del Kgb con nome in codice Dario, aveva ospitato Valerio Morucci e Adriana Faranda, brigatisti contrari al sequestro di Moro. Un’amica di Conforto, Luciana Bozzi, aveva affittato la casa di via Gradoli al commando delle Br. Secondo questa tesi, non commentata da Prodi, fu il Kgb a far sapere del covo di via Gradoli e la messinscena della seduta spiritica fu organizzata per coprire la vera fonte.
Una seconda tesi, supportata tra l’altro dal senatore, presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, che riguardo al caso Moro ha sempre rilasciato dichiarazioni quantomeno ambigue, e identifica l’informatore in “qualcuno appartenente all’area dell’eversione tra Autonomia Operaia e Potere Operaio. Dicono fosse un professore universitario”.

Queste le parole esatte di Cossiga rilasciate in un intervista su “il Velino”: “Sia io, che il dottor Zanda (consigliere di Prefettura e addetto al suo gabinetto), che il capo della Polizia che gli investigatori e successivamente gli inquirenti ritenemmo sempre che la seduta spiritica fosse stata una messa in scena organizzata per permettere a uno dei partecipanti di rendere nota, anche al fine di informarne a mezzo di altra persona, come infatti fu fatto da parte del professor Prodi, gli investigatori e senza dovere scoprire la fonte, un’informazione fornitagli da qualche militante dell’area eversiva ben presente nell’Università di Bologna, cui era evidentemente pervenuta da ben informati ambienti delle Br o strettamente contigui ad esse.”

Sarebbe bello adesso, poter mettere la parola fine a tutta la vicenda, ma presumo si dovrà aspettare ancora parecchio, sperando che non si dissolva tutto come una bolla di sapone.

Senza contare tutto il torbido capitolo sulla storia all’IRI.

mercoledì 21 luglio 2010

La compassione



(tratto da Osho.com)
La compassione: il rimedio universale

Solo la compassione è terapeutica, perché tutto ciò che è malato nell’uomo nasce dalla mancanza d’amore. Tutto ciò che non va nell’uomo è in qualche maniera collegato con l’amore: o non è stato capace d'amare oppure non è stato capace di ricevere amore. Non è riuscito a condividere il suo essere. Da qui la sofferenza che crea complessi d'ogni genere.

Queste ferite interne possono venire a galla in molti modi: possono diventare disturbi fisici o malattie mentali – ma, di base, ciò di cui l’uomo soffre è la mancanza d’amore. Proprio come il cibo è necessario per il corpo, l’amore lo è per l’anima. Il corpo non può vivere senza nutrimento e l’anima non può vivere senza amore. In realtà, senza amore l’anima non nasce neppure – non arrivi nemmeno al punto di pensare alla sopravvivenza.

Ecco perché sostengo che la compassione è terapeutica. Ma che cos’è la compassione? È la forma più pura d’amore. Il sesso è la forma più bassa dell’amore, la compassione la più alta. Nel sesso il contatto è soprattutto fisico, nella compassione è soprattutto spirituale. Nell’amore, sesso e compassione sono mescolati, fisico e spirituale sono mescolati. L’amore è a metà strada tra il sesso e la compassione.Puoi anche chiamare la compassione preghiera, oppure meditazione. È in ogni caso la forma più alta dell’energia. La parola compassione è molto bella: comprende in sé passione — la passione dev’essere raffinata al punto da non essere più passione ma diventare compassione.

Nella compassione dai solamente; nell’amore sei grato perché l’altro ti ha dato qualcosa. Nella compassione, sei grato che l’altro abbia accettato qualcosa da te; sei grato perché l’altro non ti ha rifiutato. Eri venuto con dell’energia da dare, con tanti fiori da condividere, e l’altro te l’ha permesso, è stato ricettivo. Sei grato perché l’altro è stato ricettivo.

La compassione è la forma più alta dell’amore.

L’angoscia più grande nella vita è quella di non riuscire a comunicare, a condividere. L’uomo più povero è colui che non ha nulla da condividere, o che, pur avendo qualcosa, ha perso la capacità, l’arte di condividerla – allora è veramente povero.

L’uomo sessuale è veramente povero; al confronto l’uomo che ama è più ricco. L’uomo di compassione è il più ricco di tutti: è in cima al mondo. Non ha né confini, né limiti. Dà, e poi va per la sua strada. Non aspetta neppure che tu gli dica grazie; condivide la sua energia con grandissimo amore.

Questo è ciò che chiamo terapeutico.

Se la compassione non ti è ancora accaduta, non pensare di aver vissuto bene o di aver vissuto affatto.

La compassione è la fioritura. E quando accade a una persona, milioni possono essere guariti. Chiunque si avvicini a quella persona verrà sanato. La compassione è terapeutica.

martedì 20 luglio 2010

Per le femmine israeliane la guerra è un videogioco


Da http://www.disinformazione.it/videogioco_israeliano_criminale.htm
20 luglio 2010 - tratto da http://saigon2k.altervista.org/?p=1758

NAZARETH — Si chiama “Spot and Shoot” (”Localizza e Spara”). Gli operatori siedono di fronte ad un monitor TV dal quale possono controllare l’azione grazie ad un joystick in stile Playstation.
L’obiettivo: uccidere.
Giocato da: giovani femmine dell’esercito Israeliano.

Spot and Shoot, come viene chiamato dall’esercito Israeliano, potrebbe sembrare un videogioco ma le sagome nello schermo sono persone reali – Palestinesi di Gaza – che possono venire uccise con la semplice pressione di un pulsante nel joystick.

Le femmine in divisa, situate ben lontane in delle stanze operative, sono responsabili nel mirare e sparare le mitragliatrici controllate a distanza che sono collocate in delle torrette posizionate a distanza di qualche centinaio di metri fra di loro lungo un recinto che circonda Gaza.

Il sistema è uno degli ultimi congegni per “l’uccisione a distanza” sviluppati dall’azienda per armamenti Israeliana Rafael, che precedentemente era una divisione di ricerca militare all’interno dell’esercito Israeliano e ora è un’azienda governativa separata.

Secondo Giora Katz, il vice presidente di Rafael, apparati militari di controllo a distanza come Spot and Shoot rappresentano il futuro. Katz ritiene che entro un decennio almeno un terzo dei mezzi utilizzati dall’esercito Israeliano per il controllo di terra, aria e mare saranno senza pilota.

La richiesta per simili sistemi, ammette l’esercito Israeliano, è la conseguenza della combinazione di bassi livelli di arruolamento e una popolazione meno propensa a rischiare la vita in battaglia.
Oren Berebbi, a capo della sezione tecnologia, recentemente ha dichiarato ad un giornale Statunitense: “Stiamo tentando di portare i mezzi senza pilota in ogni luogo del campo di battaglia … Possiamo fare molte più missioni senza mettere in pericolo la vita del soldato.”

Il veloce progresso della tecnologia ha sollevato la preoccupazione delle Nazioni Unite. Philip Alston, un relatore speciale sulle uccisioni extragiudiziali, lo scorso mese ha messo in guardia sul pericolo che potrebbe presto emergere una “mentalità Playstation d’uccidere”.
Secondo gli analisti, però, Israele difficilmente accantonerà i sistemi che sta sviluppando – utilizzando i territori Palestinesi occupati, e specialmente Gaza, come dei laboratori per testare le armi.

Le armi controllate a distanza sono molto richieste da regimi repressivi e dalle fiorenti industrie sulla sicurezza di tutto il mondo.
“Questi sistemi sono ancora nelle fasi iniziali di sviluppo, ma il mercato è ampio e sta crescendo per loro”, ha detto Shlomo Brom, un generale in pensione e analista della difesa presso l’Institute of National Security Studies della Tel Aviv University.

Il sistema Spot and Shoot – conosciuto ufficialmente come Sentry Tech – ha attirato l’attenzione principalmente perchè viene operato da femmine in divisa di 19 e 20 anni, rendendolo così l’unico sistema di guerra utilizzato esclusivamente da femmine.
Le femmine in divisa vengono preferite per operare sistemi per uccidere a distanza per via della carenza di reclute di sesso maschile nelle unità di combattimento Israeliane. Le giovani femmine possono compiere quindi missioni senza rompere il taboo sociale di rischiare la loro vita, ha detto Mr Brom.

Le femmine devono identificare ogni persona sospetta che si avvicina al recinto intorno a Gaza e, se autorizzate da un ufficiale, ucciderli usando i loro joystick.
L’esercito Israeliano, che intende introdurre la tecnologia assieme alle altre nel campo di battaglia, si rifiuta di dichiarare quanti Palestinesi sono stati uccisi da queste mitragliatrici controllate a distanza nella Striscia di Gaza. Secondo i media Israeliani, le vittime sarebbero svariate dozzine.
Il sistema venne preparato due anni fa per motivi di sorveglianza, ma solo recentemente gli operatori hanno avuto l’opportunità di usarlo anche per sparare. L’esercito ha ammesso di aver usato Sentry Tech a Dicembre per uccidere almeno due Palestinesi che erano molte centinaia di metri all’interno del recinto che circonda Gaza.

Il quotidiano Haaretz, a cui la scorsa settimana è stato dato un raro accesso alla stanza di controllo di Sentry Tech, ha citato una femmina, Bar Keren, di 20 anni, che ha detto: “E’ molto allettante essere una di quelle che fanno questo. Ma non tutti vogliono fare questo lavoro. Non è semplice prendere un joystick come quello di una Sony Playstation e uccidere, ma alla fine è per difesa“.
Sensori audio nelle torrette significano che le femmine sentono il colpo quando uccide il bersaglio. Nessuna femmina, ha dichiarato Haaretz, ha fallito l’obiettivo di sparare quel che l’esercito definisce un Palestinese “incriminato”.

L’esercito Israeliano, che impone il rispetto di una terra di nessuno senza confini definiti dentro il recinto che penetra fino a 300 metri dentro il piccolo territorio, è stato largamente criticato per aver aperto il fuoco contro civili che entravano nella zona chiusa.
Rafael sembra che stia sviluppando anche una versione di Sentry Tech che sparerà missili guidati a lunga gittata.
Un’altro pezzo di hardware prodotto recentemente dall’esercito Israeliano è il Guardium, una macchina robot corazzata che può pattugliare un territorio raggiungendo velocità fino a 80km all’ora, può procedere dentro le città, lanciare “imboscate” e sparare a bersagli. Attualmente pattuglia i confini Israeliani con Gaza e il Libano.

I suoi sviluppatori Israeliani, G-Nius, l’hanno chiamato il primo “soldato robot” del mondo.
Ma Israele è meglio conosciuto per il suo ruolo nello sviluppo di “veicoli aerei senza piloti” – o droni, come sono conosciuti oggi. Sviluppati inizialmente con scopi di spionaggio, e usati per la prima volta da Israele agli inizi degli anni ‘80 in Libano, oggi vengono sempre più usati per compiere esecuzioni extragiudiziali da migliaia di metri dal cielo.

Fonte: The National
Traduzione: Saigon2k.altervista.org

I MOTORI DI RICERCA SAPRANNO CIO' CHE VUOI PRIMA DI TE



Da http://www.vocidallastrada.com/2010/07/i-motori-di-ricerca-sapranno-cio-che.html
Google troverà prima di cercare. Sembra un indovinello ma è il nuovo obiettivo degli ingegneri del principale motore di ricerca, e anche dei suoi avversari. Con i dati che hanno nei loro server, più quello che sanno di ogni utente, in poco tempo potranno offrire informazioni importanti per l’internauta prima ancora che si apra la barra di ricerca. Il prezzo da pagare è alto: rinunciare alla privacy.
L’ingegnere capo di ricerche di Google, Amit Singhal, è stato l’altro giorno a Madrid per una chiacchierata sul passato, presente e futuro delle tecnologie dei motori di ricerca. Ha dedicato solo 15 minuti alle domande e al futuro, ma il panorama che ha disegnato sarà molto diverso dall’attuale. Oggi Google offre informazione passata, o al massimo, quella appena pubblicata da internet, grazie al nuovo sistema di ricerca in tempo reale che ha presentato ad aprile. Ma in due anni si possono anticipare le esigenze degli utenti.
“La privacy non deve frenare l’innovazione”, dice un ingegnere di Google.
Singhal ha proposto vari esempi. In uno, l’utente divide la sua agenda di attività con il motore di ricerca- In questo modo, conosce quando ha un po’ di tempo libero per, ad esempio, comprare qualcosa che aveva messo in lista. Grazie al cellulare, Google può localizzarlo ed offrire negozi nella zona in cui si trova. Il lavoro più duro, quello di mostrare le offerte sul suo web, lo fa il proprietario del negozio. In un altro esempio, di fronte ad una riunione in un punto concreto della città, Google News saprà che, minuti prima dell’appuntamento, si è verificato un grande incidente nella zona. Il motore di ricerca potrà avvisare l’utente mostrando l’accaduto nella mappa, fornendogli alternative per arrivare a destinazione.

La tecnologia già esiste

“La tecnologia necessaria per riuscirci è già disponibile”, ha assicurato Singhal. Ma crede che il servizio si metterà in moto tra i due e i cinque anni. Il ritardo non è essenzialmente tecnologico. “Prima abbiamo bisogno di analizzare di più il servizio in modo che rispetti la privacy”, ha spiegato. La chiave del successo di questo anticipo dei desideri è che il motore di ricerca sappia quanto più possibile sull’utente: dov' è in quel momento, il suo archivio storico di ricerche precedenti in internet o la sua agenda personale.
“Quello che uno cerca già molti altri lo hanno cercato prima” dice Yahoo.
Singhal ha ricordato che un servizio così può funzionare solo con il consenso espresso dell’internauta. Ma ha anche riconosciuto che senza quell’ ok la sua efficacia sarebbe molto ridotta. “Nella storia della tecnologia, con ogni novità nascevano dei problemi”, commenta. E ha dato come esempio l’apparizione della stampa, quando la chiesa lanciò avvertimenti che potevano nascere bibbie con contenuto corrotto. “Tutte le tecnologie possono essere usate in modo perverso; i motori di ricerca, come la medicina, hanno migliorato la vita, ma potrebbero essere usati per il male”, ha aggiunto.
L’ingegnere di Google sembra spingere l’utente a scegliere. “La chiave è nel fatto che la privacy sia una priorità ma, allo stesso tempo, non bisogna lasciare che freni l’innovazione tecnologica che migliora la nostra vita”.

Indovinare l’intenzione
“Internet saprà quello che tutti stanno facendo”, assicura Ballmer.
Per il responsabile del centro di ricerche che Yahoo ha in Barcellona, Ricardo Baeza-Yates, l’obiettivo è che l’utente smetta di lavorare. “Che la ricerca sia implicita, che te la dia prima di andarla a cercare”, spiega. Per questo bisogna immaginare i desideri dell’internauta. Ma non si tratta di giocare ad essere degli indovini. “Anticipare significa sapere cosa facevi prima per vedere cosa farai dopo”, chiarisce. Se qualcuno cerca su Yahoo un volo, ciò che è più probabile è che in seguito abbia bisogno di un hotel”, semplifica.
La base di questo ragionamento è nella biologia: siamo esseri d’abitudini. “Molte delle cose che facciamo sono prevedibili”, segnala Baeza-Yates. Inoltre, le persone non sono molto diverse le une dalle altre. Quello che uno ha cercato qualcun altro lo ha già cercato prima. “Se riesci a dedurre come ricercano i gruppi, il problema della privacy smette d’essere un problema”, assicura l’ingegnere di Google.
In una recente chiacchierata nell’Università di Sao Paolo, il presidente della Microsoft, Steve Ballmer, ha preso come esempio il modo in cui i motori di ricerca possono approfittare di questo fatto biologico. Quando la compagnia ha lanciato Bing ha incorporato un correttore ortografico simile a quello di Microsoft Word. Ma diversamente al processore di testi, questo correttore si appoggia nella sua connessione ad internet, che permette analizzare gli errori di molti. “E adesso abbiamo letteralmente milioni e milioni di persone che sbagliano con le stesse parole, lo sappiamo in tempo reale, e l'ortografia è meglio. La nube (in riferimento all’informatica in rete) impara e t’insegna ad imparare”, ha detto. Con questo esempio, Ballmer ha disegnato il futuro dei motori di ricerca: “Nel futuro Internet saprà sempre di più cosa stai facendo, con il tuo consenso, capirà cosa stai facendo e saprà come servirti meglio o vedrà quello che tutto il mondo sta facendo e userà questa conoscenza per servirti meglio”, ha dichiarato.

Intelligenza collettiva
I primi esempi di quest’intelligenza collettiva conservata nei motori di ricerca già possono vedersi. Google Suggest, ad esempio, ha bisogno solo che si inserisca la parola Spagna nella barra per mostrare suggerimenti che cercano d’indovinare quello che stai cercando. Prima di finire la frase, il sito offre per finire con "2010 World" o uno qualsiasi degli avversari con i quali ha incontrato il team spagnolo di calcio in Sud Africa.
In questo caso, Google si è appoggiata alle recenti ricerche che milioni di persone nei giorni passati hanno fatto, in modo da anticiparsi. Inoltre conta su altri strumenti. Così, approfitta della cronologia di navigazione, ad esempio, per conoscere quali pagine sono state visitate precedentemente. L’indirizzo IP (che identifica il PC in internet) aiuta a localizzare l’internauta in modo che l’informazione risulti vicina.
L’ultimo elemento chiave è l’informazione creata dagli stessi utenti in reti sociali e blog. Google, come Yahoo e Bing, non cercano solo nelle vecchie cronologie; adesso seguono l’informazione in tempo reale. Attraverso accordi con siti come Facebook, Twitter o i principali reti di blog, i motori di ricerca possono sapere cosa sta succedendo su Internet istantaneamente. Su Google, ad esempio, appaiono gli aggiornamenti di Twitter dopo due secondi in cui si produce. Il problema che crea quest’immediatezza è che è difficile sapere quale messaggio su Twitter o quale post in un blog è più importante.
Ma per adempiere alle profezie di Singhal, Baeza- Yates e Ballmer, i web devono anche capire cosa si cerca. “Indovinare quello che l’utente vuole solo con due parole è complicato”, ricorda Baeza- Yates. Il problema è che tutte e due le parti, persone e macchine, “devono accettare questo tipo di comunicazione minimalista”, aggiunge. Per lui, ciò che è importante è dare significato alle ricerche che oggi sono sintattiche.

Fonte: http://www.publico.es/ciencias/327919/buscadores/sabran/quieres

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA

N.d.E
Qualcuno ha detto che "bisogna rinunciare alla privacy in cambio della 'sicurezza'", è così anche per le nuove tecnologie e il progresso?
Ma cos'è il progresso?

Riporto anche questa notizia segnalata sempre dalla preziosa Vanesa, pubblicata su Cubadebate.

Schermi che scannerizzano i passanti.
In Giappone è stato messo in atto un progetto pilota, saranno posizionati degli schermi di pubblicità digitale nelle vicinanze della metro di Tokio. Questi schermi sono dotati di camere che possono determinare il genere e l' età approssimativa dei passanti, in modo da poter trasmettere la pubblicità adeguata.
A questa tecnologia del Digital Signage Consortium serve solo un secondo per prelevare quest' informazione.
La tecnologia usa un software di riconoscimento facciale e gli operatori hanno promesso di non registrare le immagini (si certo...ci crediamo, N.d.E), raccoglieranno solo i dati demografici.
E' qualcosa di simile al concetto di pubblicità mostrato nel film "Minority Report", solo che gli annunciatori non identificheranno le persone per il loro nome.

domenica 18 luglio 2010

Le analogie tra Gladio e Ergenekon



Da http://andreacarancini.blogspot.com/2010/07/le-analogie-tra-gladio-e-ergenekon.html
http://andreacarancini.blogspot.com/
LA STRATEGIA DI
GLADIO[1]

Di Peter Edel[2]

Ogni volta che in Turchia avviene un atto terroristico, sopraggiunge uno strano e oscuro senso di vuoto. Anche quando l’attacco viene rivendicato e i presunti colpevoli incarcerati, i fatti danno sempre adito ad interrogativi.

Non è certo illogico porre domande come: “Chi è stato davvero?”. Un esame analitico della storia contemporanea mostra che il terrorismo non sempre è ciò che sembra all’inizio. Un atto terroristico può certamente essere istigato da provocatori che dispongono di infiltrati. O può essere un’operazione “false flag”[3], e cioè un atto terroristico commesso in modo tale da farlo sembrare come se fosse stato commesso da altri. In uno scenario in cui entrano in gioco tali strategie, i confini tra le varie forme di estremismo possono diventare molto sfocati. E diventano anche più sfocati quando si tiene conto del fatto che gli estremisti, a qualunque versante appartengano, hanno tra di loro più cose in comune di quante non ne abbiano con i settori moderati della società. Questo dato può condurre alle alleanze più paradossali e spesso costituisce la ragione per cui, quando si tratta di terrorismo, niente è davvero ciò che sembra all’inizio.

Il terrorismo ha delle peculiari implicazioni psicologiche. Se la guerra tradizionale riguarda la conquista del territorio, il terrorista vuole invece conquistare l’opinione pubblica. Che abbiano motivazioni politiche o religiose, i terroristi mirano sempre all’opinione pubblica, in un modo o nell’altro. Un altro dato in comune tra loro è la voglia di creare il caos politico mediante la violenza. Queste motivazioni condivise possono condurre, fino a un certo punto – da parte di gruppi che nel “mondo normale” sono totalmente contrapposti - a dei contatti, e talvolta persino alla collaborazione e ad operazioni congiunte. Una somiglianza di strategia, da parte dei vari gruppi terroristici, è di solito la base per rapporti di questo tipo. Illustriamo questo punto esaminando le strategie dei gruppi terroristici di estrema sinistra e di estrema destra in Italia durante gli anni ’70. Naturalmente, i programmi di questi gruppi erano opposti. La violenza di sinistra viene dal desiderio che il caos politico smascheri il vero volto dello Stato, a cui dovrebbe seguire una sequela di sviluppi rivoluzionari sfrenati. Nell’approccio del terrorismo politico di estrema destra, il caos politico e l’instabilità indurranno l’opinione pubblica a chiedere misure drastiche, a beneficio dei partiti di destra durante le elezioni, o un colpo di stato militare come scopo prefissato. Differenze importanti. Il punto è che fino a quando non viene raggiunto il caos politico, le strategie sono quasi identiche, il che funge da lubrificante per infiltrazioni e operazioni di falsa bandiera. Questa combinazione è in grado di ammantare di incertezza ogni attacco terroristico. Questo è quanto accadde in Italia negli anni ’70. E questo è quanto sembra aver luogo in Turchia ai nostri giorni.

Un progetto dei primi anni della Guerra Fredda

Nell’Italia degli anni ’70, i terroristi neofascisti di solito piantavano bandiere rosse sui corpi delle loro vittime scelte a caso. Questa manipolazione dell’opinione pubblica era stata ideata da Gladio, un’organizzazione costituita nei primi anni della Guerra Fredda. Agli ordini di Washington e della CIA, ogni [Stato] membro della NATO doveva costituire una rete segreta “stay behind”. Il compito iniziale di questa struttura era di coordinare la resistenza all’eventuale occupazione dell’Europa da parte dell’Unione Sovietica. In previsione di tale situazione, le armi venivano nascoste in luoghi segreti e vennero costituiti canali segreti di intelligence. Ma Gladio era qualcosa di più.

Gli strateghi di Gladio consideravano il movimento socialista in Europa come un fattore di alto rischio. Nell’eventualità di un’occupazione da parte dei sovietici, si temeva che la sinistra si rivoltasse contro gli interessi occidentali e formasse una quinta colonna. Per scongiurare il pericolo vennero messe in atto diverse campagne contro la sinistra. L’alternativa più estrema mirava a distruggere la reputazione della sinistra associandola alla violenza politica. Tuttavia, all’epoca, gli attivisti di sinistra disposti alla violenza erano una piccola minoranza all’interno del movimento. Per risolvere il problema, Gladio pianificò delle operazioni sotto falsa bandiera, e gli elementi più radicali dei gruppi di estrema sinistra vennero indotti all’azione dagli infiltrati di estrema destra dello “stato profondo” italiano.

L’uso di tali metodi venne raccomandato in un documento conosciuto come “Field Manual 30-31” (FM 30-31)[4]. Scritto dagli strateghi del Pentagono e tradotto poi nelle lingue degli Stati membri della NATO, insegnava agli attivisti dell’estrema destra come manipolare la sinistra.

Ai governi europei considerati passivi verso il movimento socialista, il FM 30-31 prescriveva “operazioni speciali”, e cioè infiltrazioni e operazioni sotto falsa bandiera, per convincere l’opinione pubblica della “vera natura” del nemico rosso. In questo contesto, Aldo Moro trovò la morte nel 1978. Venne rapito e ucciso da una colonna delle Brigate Rosse. In seguito, emerse che quest’organizzazione era stata infiltrata da agenti di estrema destra collegati a Gladio. Prima della morte di Moro, l’Italia aveva già sperimentato molte violenze con i famigerati attentati dinamitardi di Piazza Fontana del 1969 e di Peteano[5] del 1972. L’apice giunse nel 1980 a Milano [recte: Bologna], quando il tetto della stazione centrale crollò a causa di una bomba, provocando 85 morti.

Uno dei nomi più famigerati collegati a Gladio è quello di Stefano Delle Chiaie. Questo membro dell’organizzazione nazionalista neofascista Ordine Nuovo fu uno dei più importanti strumenti di Gladio contro la sinistra. Per quanto riguarda i rapporti tra Gladio e lo “stato profondo” turco degli anni ’70, bisogna dire che Delle Chiaie venne visto in compagnia del terrorista ultranazionalista Abdullah Çatli, che morì durante un controverso incidente automobilistico a Susurluk nel 1996. Prima della sua morte, Çatli seguì Delle Chiaie in un viaggio in Sudamerica, dove entrambi contattarono i fascisti locali e i rappresentanti dei regimi militari.

All’inizio, c’era Gladio in Italia. Adesso è stato smascherato Ergenekon, il capitolo successivo dello “stato profondo” turco. Per molti versi, Ergenekon dà l’impressione di essere un residuo della struttura “stay behind” degli anni ’50, poiché un ramo di essa venne costituito anche in Turchia. Con la fine della Guerra Fredda, nelle organizzazioni che facevano parte della versione turca di Gladio, vi fu una rottura col passato. Le attenzioni si spostarono dalla sinistra al Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AK) e al movimento Gülen[6], gli ultimi bersagli dello “stato profondo” turco.

Ma sebbene i nemici siano nuovi, c’è una cosa che non è cambiata, perché le strategie odierne mostrano un’impressionante somiglianza con quelle del passato. Ergenekon utilizza ancora gli stessi metodi psicologici usati da Gladio in Italia negli anni ’70, come le operazioni sotto falsa bandiera e, molto probabilmente, infiltrazioni da parte di agenti provocatori, perché c’è più di un indizio che Ergenekon abbia istigato delle organizzazioni politiche e religiose radicali a commettere atti di violenza. A questo riguardo, sono stati fatti i nomi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), del Partito Marxista/Leninista Ricoluzionario per la Liberazione del Popolo (DHKP/C) e dell’organizzazione islamica Hezbollah.

I pubblici ministeri descrivono Ergenekon come la mente dietro le azioni attribuite ai gruppi suddetti. Dagli omicidi di uomini d’affari e di attivisti politici da parte del DHKP/C e di Hezbollah all’odierna ondata di violenze scatenate dal PKK, dietro tutto ciò, secondo i pubblici ministeri, c’è Ergenekon. Nel quadro dipinto dagli inquirenti, Ergenekon è la Gladio del 21° secolo. Scatenare il terrorismo mediante il terrorismo e combattere una guerra segreta contro la nazione dall’interno dello Stato.

Le analogie con l’Italia degli anni ’70 sono abbondanti. Ma c’è una differenza importante tra allora e adesso: mentre Gladio venne abolita e smantellata dai paesi europei molto tempo fa, lo stesso non è avvenuto in Turchia. L’Italia ha affrontato il problema durante l’Operazione Mani Pulite, che è seguita allo smascheramento della struttura “stay behind” e delle sue attività illegali degli anni ’70. La Turchia non ha mai avuto una fase analoga. Ma la cosa importante è che vi sarà. Non solo perché sembra essenziale per la crescita futura della Turchia, ad esempio attraverso una piena membership nell’Unione Europea, ma anche per ragioni psicologiche, in modo che la Turchia possa guardarsi allo specchio senza riserve. Dopo i decenni di guerra psicologica dello “stato profondo”, può essere difficile. Ma questa è la fase in cui si trova la Turchia.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.todayszaman.com/tz-web/news-216053-109-the-gladio-strategy-by-peter-edel.html . Le note a piè di pagina sono del traduttore.
[2] Peter Edel è uno scrittore e fotografo indipendente che vive a Istanbul.
[3] Letteralmente: “falsa bandiera”.
[4] Manuale da Campo 30-31: http://it.wikipedia.org/wiki/False_flag#Il_Field_Manual_30-31
[5] In realtà, l’attentato di Peteano è l’unico dell’epoca non ascrivibile alla Strategia della Tensione, come ha più volte spiegato il suo autore, Vincenzo Vinciguerra, sul suo sito: http://www.marilenagrill.org/

sabato 17 luglio 2010

Passa la riforma finanziaria truffa di Obama


Da http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=3180

Alla fine, Barack Hussein Obama, il maggiordomo di Wall Street, ha ottenuto la "sua" riforma del sistema finanziario che in buona sostanza crea nuovi organismi di vigilanza e di controllo che sono inevitabilmente destinati, quanto a competenze, a scontrarsi o sovrapporsi con quelli esistenti. Al di là dell’enfasi che la ha accompagnata, il risultato della nuova legge sarà quello di lasciare che gli speculatori possano continuare a fare i propri comodi e arricchirsi alle spalle di tutti i cittadini.
Dopo quello della Camera dei Rappresentanti del 30 giugno, l’altra notte è arrivato così anche il via libera del Senato, con 60 voti favorevoli e 39 contrari. Obama è riuscito infatti a ricevere anche 3 voti di senatori repubblicani indispensabili per raggiungere il quorum richiesto. Adesso, per ufficializzare il tutto, servirà la firma dello stesso presidente che verrà apposta la prossima settimana. Ma non sarà ancora finita. Infatti sarà necessario varare i regolamenti interpretativi e di attuazione della legge. Gli esperti hanno stimato che ci vorranno almeno altri 18 mesi per mettere nero su bianco a un testo sul quale lavoreranno i parlamentari di un’apposita commissione. Si finirà quindi nel 2012, l’anno delle prossime elezioni presidenziali e politiche. Un periodo di due anni nei quali Obama dovrà recuperare la fiducia dei cittadini che si è persa per strada e senatori e deputati, che si impegneranno per essere rieletti, dovranno fare un esame di coscienza e decidere se regolamenti restrittivi per le banche e le società finanziarie sono da preferire ai generosi emolumenti versati dalle stesse per la loro campagna elettorale.
La nuova legge modificherà l’architettura normativa che si è stratificata dal 1933 fino ai giorni nostri. Il Banking Act del 1933, la legge Glass-Steagall, venne varata dal Congresso su impulso del neo eletto Franklin Delano Roosevelt che aveva ereditato dal suo predecessore repubblicano
la maggiore crisi economica e finanziaria che mai si fosse vista, ossia la Grande Depressione scoppiata nel 1929. Allora, come oggi, il motivo reale della crisi finanziaria, fu la possibilità concessa a società finanziarie, banche e cittadini comuni, di investire in Borsa e speculare senza possedere minimamente i capitali necessari. Allora come oggi, tutti erano indebitati con tutti e il gioco durò finché la bolla finanziaria fu troppo grande per non esplodere e travolgere i mercati finanziari e poi abbattersi sull’economia reale.
Obama da parte sua ha molto enfatizzato la “sua” legge e la filosofia che lo sorregge tesa, in teoria, a tutelare i cittadini Usa lasciati in precedenza in balia degli squali e dei gangster di Wall Street. Ma se si pensa che la Casa Bianca ha versato una barca di miliardi di dollari in prestito per salvare i banditi della Goldman Sachs dalla situazione di bancarotta in cui l’avevano spinta le loro speculazioni, ci si rende conto che l’inquilino della Casa Bianca ha svolto in pieno il suo compito: quello di tenere la barca dritta a chi negli Usa detiene il potere reale. Gli aiuti non hanno infatti riguardato solo la Goldman Sachs, che ne ha rappresentato il caso più eclatante, ma anche altre banche, società di riassicurazione come Fannie Mae e Freddie Mac operanti nel settore dei mutui immobiliari, o giganti industriali come General Motors. A dimostrare che i presidenti, una volta eletti, devono far fruttare tutti i soldi che le lobby hanno investito su di loro.
La riforma prevede la nascita di un “Settlement Council” o “consiglio di regolamentazione” incaricato di tenere sotto controllo e valutare i rischi presenti nel sistema economico. Ci saranno nuove regole per i fondi di investimento speculativi (hedge fund) e per i titoli derivati scambiati nei mercati non regolamentati. Verrà istituito quindi un ufficio per la protezione dei consumatori che vigilerà sulle condizioni offerte dalla banche per i mutui, le carte di credito e gli altri prodotti creditizi. Verranno pure ampliati i poteri di controllo della Federal Reserve sugli investimenti finanziari delle banche con l’introduzione di forti limiti al livello degli investimenti (3%) rispetto al capitale proprio. Le banche potranno negoziare titoli derivati soltanto a copertura dei rischi ma non per scopi speculativi. E avranno 2 anni di tempo per spostare strumenti finanziari, come i Credit default swap, una sorta di assicurazione sugli investimenti in titoli di Stato, in una società controllata che dovrà essere gestita separatamente per tenere distinta la sua attività da quella della casa madre. E, almeno a parole, la legge prevede che non ci saranno più salvataggi bancari fatti con soldi pubblici.

Afghanistan, censura di guerra



Da http://it.peacereporter.net/articolo/23074/Afghanistan%2C+censura+di+guerra
http://it.peacereporter.net/
Preoccupazione tra i corrispondenti di guerra per le nuove restrizioni imposte dal Pentagono nei rapporti tra militari e media

Parlare della guerra in Afghanistan sarà ancora piu' difficile. Dopo l'articolo del Rolling Stones sul Generale McChrystal e l'uscita di scena di quest'ultimo, il Segretario alla Difesa americano Robert Gates ha posto nuove restrizioni ai militari che parleranno con i media.

In un memorandum di tre pagine rilasciato la scorsa settimana da Gates ha ordinato che i vertici del Pentagono e i leader militari contattino il Servizio degli Affari Pubblici del Dipartimento della Difesa Usa "prima di rilasciare qualsiasi intervista o dichiarazione che abbia conseguenze dal punto di vista nazionale e internazionale". Fonti accreditate sostengono che l'ordine fosse già in cantiere molto prima che Michael Hastings, giornalista freelance del Rolling Stones, intervistasse il Generale. Nondimeno però, la nuova politica di accesso limitato alle infomazioni tracciata dal Pentagono è stata intepretata dai giornalisti e dai soldati presenti nel teatro di guerra come conseguenza dell'affaire McChrystal.

Anche la tempistica non è delle migliori. Il conflitto afgano si fa sempre più violento e i giornalisti vogliono avere gli strumenti che permettano di poter raccontare la guerra in prima linea. "Mi preoccupa. Mi preoccupano queste direttive", spiega Martha Raddatz, corrispondente di Abc News. Parlando da Kabul sottolinea che "quando aggiungi uno strato come questo è faticoso lavorare. Sei sul campo e devi ottenere il permesso da qualcun altro, non dalle persone con cui parli direttamente. Così è molto più difficile".
E' probabile che i corrispondenti più anziani non subiranno le conseguenze di queste direttive. Ma quelli più giovani, con meno esperienza, che non hanno mai avuto contatti con l'ambiente dei militari, avranno certamente delle difficoltà. "Senza contare poi i militari non abituati ad un confronto con i media", aggiunge Raddatz.

Sembra comunque che un cambiamento di atteggiamento da parte dei militari ci sia stato già prima dell'ordine di Gates. Il corrispondente di Nbc Richard Engel parla di un 'media blackout' subito dopo la pubblicazione dell'articolo del Rolling Stones. E spiega che tra le nuove restrizioni c'era anche quella di proibire ai soldati di commentare l'articolo.
"Potevamo intervistare le truppe su altre questioni - ci spiegavano gli ufficiali - tranne su McCrystal o l'articolo del Rolling Stones", racconta Engel. "Si sono un pò calmati ora - continua Engel - ma i militari più alti in grado sono ancora riluttanti a discutere di quell'articolo controverso".

Engel, che ha speso gli ultimi anni a coprire il fronte afgano e iracheno, afferma di non avere mai visto i portavoce dei militari chiudersi a riccio come questa volta. Concorda anche sul fatto che i giornalisti con meno esperienza vivranno tempi duri con queste nuove regole. "I militari saranno riluttanti ad esprimere apertamente le loro opinioni se il Pentagono passa ai raggi X ogni singola intervista".

L'episodio McChrystal non è il primo che induce i militari ad abbottonarsi con i media. Una risposta simile avvenne dopo che il giornalista di Foreign Policy Thomas Ricks - allora con il Wall Street Journal - aveva riportato alcune osservazioni poco diplomatiche sui militari da parte di un colonnello durante la crisi nei Balcani (l'ex corrispondente dal Pentagono della Cnn Jamie McIntyre recentemente ha fatto un parallelo tra le due storie, quella di Ricks nel 1995 e quella attuale, nel suo blog dedicato al settore della difesa).

Ma cosa pensa di tutto questo il giornalista che ha provocato l'uscita di scena di McChrystal? "Penso che sia i militari sia i giornalisti abbiano beneficiato dell'accesso alle notizie che è stato fornito per anni", afferma Hastings. "Penso comunque che l'accessibilità alle notizie vada un pò a periodi, a volte è molto alta, altre no".

Mariangela Pira