giovedì 24 giugno 2010

Stati Uniti: esonerato McChrystal, comando passa a generale inglese in attesa di Petraus


Da http://italian.irib.ir/notizie/politica/item/82585-stati-uniti-esonerato-mcchrystal-comando-passa-a-generale-inglese-in-attesa-di-petraus



WASHINGTON - Alla fine quella intervista con Rolling Stone è costata l’incarico al generale McChrystal. Dopo la convocazione alla Casabianca Obama ha deciso di esonerare dall’incarico il generale scegliendo come suo sostituto il generale David Petraus, già comandante delle forze in Iraq. In attesa che Petraus possa prendere a tutti gli effetti il posto di McChrystal il comando ad interim delle forze Nato in Afghanistan è nelle mani dell’inglese Nick Parker. La vicenda dell’intervista di McChrystal con il magazine Rolling Stone, secondo gli analisti è solo la punta dell’iceberg delle divergenze tra politici e militari negli Stati Uniti.

mercoledì 23 giugno 2010

Fonti turche: fallito un piano per l'assassinio di Erdoğan



Da http://www.infopal.it/leggi.php?id=15111

Amman - Pal-Info. Un rapporto giordano ha rivelato che gli apparati della sicurezza turca (Mit) hanno sventato un tentativo di assassinare il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan. I fili dell'operazione condurrebbero ai servizi di sicurezza israeliani del Mossad.

Il rapporto, pubblicato sull'ultimo numero della rivista settimanale "al-Majd", fa riferimento a "fonti attendibili" di Ankara, le quali sostengono che, in base alle indagini svolte, l'esecuzione dell'operazione sarebbe toccata ad alcune cellule di provenienza turca e curda.

La leadership turca finora non ha commentato tali rivelazioni, che giungono in contemporanea con l'annuncio dell'imminente visita del vice primo ministro israeliano Ayub Kara (Likud) ad Ankara, dove incontrerà gli oppositori di Erdoğan.

Secondo le fonti citate da "al-Majd", la recente nomina di Hakan Fidan a capo dell'intelligence turca è stata decisa proprio per rafforzare e concretizzare il ruolo dei servizi segreti nella protezione della sicurezza nazionale e delle alte cariche dello Stato responsabili delle politiche turche, ovvero il presidente Abdullah Gül, il ministro degli Esteri Ahmet Davutoğlu e lo stesso Erdoğan.

La scelta di Fidan - spiegano le fonti - è stata fatta dopo che ai tre leader "sono state confermate le informazioni che rivelavano come il Mossad stesse progettando degli assassinii utilizzando il Partito dei lavoratori curdo (Pkk), o cellule turche ad esso collegate, per attentare alla vita delle più importanti personalità nazionali. L'obiettivo era quello di creare scompiglio nel Paese e di dissuadere Erdoğan dalla sua politica di avvicinamento nei confronti degli arabi e dei palestinesi.

L'arrivo di Fidan ha così creato grandi angosce presso la leadership israeliana, che lo ha anche dichiarato espressamente. Il motivo delle preoccupazioni sioniste sta nel precedente ruolo ricoperto dal neoeletto capo del Mit (ex consigliere di Erdoğan), ottenuto anche grazie alla sua appartenenza all'Akp, il partito di maggioranza.

Fidan è stato inoltre preferito al suo predecessore, Emre Taner, del quale erano stati svelati i solidi rapporti con Israele: da quest'ultimo era stato infatti elogiato più volte, e il suo nome veniva fatto spesso dalla stampa israeliana negli ultimi tempi.

A questo proposito, il Mit sta anche cercando eventuali relazioni tra lo sventato attentato e il recente assalto alla Mavi Marmara, lanciato da Israele il mese scorso nelle acque del Mar Mediterraneo.

Il coinvolgimento dello Stato israeliano in questo nuovo crimine, tra le altre cose, suggerisce che la rivendicazione del gesto da parte del Pkk "non significa necessariamente che esso sia l'esecutore reale; forse, il suo nome viene usato per coprire il vero responsabile dell'operazione, e cioè lo Stato sionista".

Il blocco di Gaza e Caprettonia La Grande




Da http://informazionescorretta.blogspot.com/2010/06/il-blocco-di-gaza-e-caprettonia-la.html
http://www.altrainformazione.it/wp/2010/06/23/il-blocco-di-gaza-e-caprettonia-la-grande/
Giocattoli, cancelleria, utensili da cucina, materassi, asciugamani, maionese, ketchup, lacci da scarpe, bottoni, aghi, spille da balia, e filo per cucire.

Articoli, questi, che da oggi possono di nuovo entrare a Gaza.

Questa non è una buona notizia.

Perchè il blocco resta, e continua ad esserci ed ad essere dipendente dalla mano israeliana sul bottone rosso o verde.

E' una cattiva notizia perchè ci sono voluti:

l'assalto a navi indipendenti in acque internazionali in aperto spregio delle convenzioni internazionali
il dirottamento delle suddette navi in terriorio israeliano
il saccheggio del loro carico navale ad opera dell'esercito israeliano
la perdita di 13 vite umane

e tutto questo non è servito all'emanazione di una risoluzione del consiglio di sicurezza dell'ONU che stabilisca sanzioni economiche punitive contro lo stato colpevole di questa aggressione.

Nè è servito all'espulsione di quello stato dal consesso internazionale.

Niente di tutto questo.

E' servito solo ad far arrivare un po' di cotone e matite e quaderni a Gaza.

E la cosa ancora più grave è che prima tutti quegli articoli non potevano entrare. Così come non entravano, secondo un documento rivelato da BBC: cioccolato, marmellata, succhi di frutta e legname, scarpe, spazzole. Che, come è noto, esplodono.

Il blocco, o meglio, la punizione collettiva imposta ai palestinesi di Gaza (che costituisce per sua stessa natura crimine di guerra), è fatto anche di questo: beni di prima necessità semplicemente scomparsi. Come la marmellata, che, come è noto, esplode.

Le merci potranno entrare solo via terra: il blocco navale persiste.

Blocco che sarà di nuovo forzato, o almeno, tentato di forzare, da un gruppo di donne cristiane e musulmane, oltre ad una trentina di pacifisti europei e circa 20 giornalisti. Il porto di partenza sarà probabilmente libanese. Il ministro della guerra israeliano Ehud Barak ha dichiarato che il Libano sarà considerato responsabile di qualsiasi partenza dai suoi porti di navi destinate a Gaza.

Che strano: lo stesso trattamento non è stato riservato a Cipro, da cui sono partite le navi della Freedom Flotilla. Ma tant'e': a Cipro non scorrono i fiumi che interessano ad Israele e a Cipro non viveva alcuna delle 12 tribu' di Israele 4000 e passa anni fa.

In Libano invece si, e com'e' noto, esplode.

Ehi, 4000 anni fa il mio trisavolo viveva sui verdi prati di Baviera.
Quasi quasi mi invento la cattura di un mio parente sul confine da parte dei bavaresi e mi diverto ad assaltare la Baviera a colpi di carri armati.

Avanti, per Caprettonia La Grande!

Tornando al delirio israeliano, il viceministro degli esteri Ayalon ha dichiarato che i prossimi che tenteranno di forzare il blocco potranno essere messi in prigione anzichè espulsi.

Potenza del diritto divino israeliano, che si comporta come se tutto il mondo fosse già sotto il suo tallone.

Già.

Avanti, per il nostro popolo ed il nostro Dio, saremo la guida delle nazioni, per Caprettonia La Grande!

Che, com'è noto, esplode.

Saluti felici

Felice Capretta

ps: completa l'allegro scenario l'annuncio che Teheran invierà un carico di aiuti umanitari verso la Striscia di Gaza. La nave, chiamata “Bambini di Gaza”, salperà domenica 27 giugno dal porto di Bandar Abbas e raggiungerà le coste plaestinesi in due settimane, ragionevolmente domenica 11 luglio. Noi saremo probabilmente in ferie quel giorno in una imprecisata località del mediterraneo (molto lontana dalle coste di Gaza)...che, com'e' noto, è un posto dove c'e' un mare straordinario, un ottimo clima, si mangia bene e soprattutto non esplode :-)

martedì 22 giugno 2010

I Rothschild non controllano tutto il mondo attraverso la Banca Centrale(almeno per ora)


La Famiglia Rothschild non controlla tutto il Mondo attraverso la Banca Centrale.
Prima del 9/11 l'Afghanistan era una tra le sole 7 nazioni al mondo che i Rothschild non controllavano attraverso la Banca Centrale. Nel 2003 l'Iraq era una delle sei nazioni al mondo che non avevano una banca centrale controllata dai Rothschild. Ora ci sono solo 5 le Nazioni nel Mondo senza una Banca Centrale controllata dai Rothschild : Iran, Corea del Nord, Sudan, Cuba e la Libia.

La Banca Cinese emette denaro di proprietà del portatore ma prevede che si verifichi la grande truffa della riserva frazionaria (o obbligatoria).
Il Venezuela ha liquidato il FMI e la Banca Mondiale e ha appena fondato il BancoBicentenario di proprietà dei cittadini Venezuelani.
Ci sono stati molti altri precedenti come l'isola di Guernsey (http://informatieliberi.blogspot.com/2008/06/una-felice-realtisola-di-guernsey.html), la Germania nazista ( che in pochi anni divenne la superpotenza grazie all'eliminazione del signoraggio [tengo a precisare che non voto e non sono un "ista"] http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5965 ), le 500 lire italiane ( che riportavano la dicitura "Repubblica Italiana", volute da Aldo Moro, prima di essere assasinato, le quali smisero di essere stampate perchè il giorno della strage di Piazza Fontana esplosero 3 bombe nelle 3 sole banche che che avevano i macchinari per poter stampare tali banconote http://www.meetup.com/gruppo280/messages/boards/thread/7751310/0#30777401), le banconote volute da J. Kennedy e A.Lincoln, e tanti altri casi..
Ne avrei da scrivere al riguardo.

Fonte: http://renzominari.blogspot.com/2010/06/la-famiglia-rothschild-non-controlla.html

I Rothschild non controllano tutto il mondo attraverso la Banca Centrale(almeno per ora)

La Famiglia Rothschild non controlla tutto il Mondo attraverso la Banca Centrale.
Prima del 9/11 l'Afghanistan era una tra le sole 7 nazioni al mondo che i Rothschild non controllavano attraverso la Banca Centrale. Nel 2003 l'Iraq era una delle sei nazioni al mondo che non avevano una banca centrale controllata dai Rothschild. Ora ci sono solo 5 le Nazioni nel Mondo senza una Banca Centrale controllata dai Rothschild : Iran, Corea del Nord, Sudan, Cuba e la Libia.

La Banca Cinese emette denaro di proprietà del portatore ma prevede che si verifichi la grande truffa della riserva frazionaria (o obbligatoria).
Il Venezuela ha liquidato il FMI e la Banca Mondiale e ha appena fondato il BancoBicentenario di proprietà dei cittadini Venezuelani.
Ci sono stati molti altri precedenti come l'isola di Guernsey (http://informatieliberi.blogspot.com/2008/06/una-felice-realtisola-di-guernsey.html), la Germania nazista ( che in pochi anni divenne la superpotenza grazie all'eliminazione del signoraggio [tengo a precisare che non voto e non sono un "ista"] http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5965 ), le 500 lire italiane ( che riportavano la dicitura "Repubblica Italiana", volute da Aldo Moro, prima di essere assasinato, le quali smisero di essere stampate perchè il giorno della strage di Piazza Fontana esplosero 3 bombe nelle 3 sole banche che che avevano i macchinari per poter stampare tali banconote http://www.meetup.com/gruppo280/messages/boards/thread/7751310/0#30777401), le banconote volute da J. Kennedy e A.Lincoln, e tanti altri casi..
Ne avrei da scrivere al riguardo.

Fonte: http://renzominari.blogspot.com/2010/06/la-famiglia-rothschild-non-controlla.html
http://www.informarmy.com/2010/06/la-famiglia-rothschild-non-controlla.html

venerdì 18 giugno 2010

La Rai, il Cav. e la P2


Da http://www.informarmy.com/2010/06/la-rai-il-cav-e-la-p2.html

Se il ministro Calderoli sulla tv pubblica la pensa come Licio Gelli

La P2 di Licio Gelli e del Maestro Silvio Berlusconi (tessera 1816) ha un nuovo aderente, almeno ai principi, il ministro Roberto Calderoli, che in un'intervista alla Stampa ha dichiarato: "Se la Rai deve fare il servizio pubblico lo può fare con un canale, gli altri due andrebbero privatizzati". Le stesse parole pronunciate dal Venerabile in un'intervista in cui ricorda gli obiettivi della P2: "Due dei tre canali della Rai dovevano passare ai privati, che avrebbero garantito più offerta". Strana coincidenza, come quella raccontata da Travaglio sul Fatto Quotidiano a proposito della legge Bavaglio e del divieto di pubblicare i nomi dei magistrati. Il 6 marzo 2000 Berlusconi, ospite di Telelombardia, dichiara: "Essere stato piduista non è un titolo di demerito, lo dice la magistratura. Nella P2 c'erano numerosi esponenti della vita pubblica, nessuno è stato condannato." (Tra gli iscritti alla loggia anche l'attuale presidente dei parlamentari del Pdl, Fabrizio Cicchitto).

L'iniziazione del premier avviene nel 1977, nella sede di via Condotti, presenti: il giornalista Roberto Gervaso, il medico Fabrizio Trecca, capo della sezione mass media. Finita la cerimonia a mister B. vengono consegnati: i guanti, il grembiule e erroneamente la tessera di Apprendista. Gelli: "Berlusconi ce la mandò indietro e noi gliela cambiammo con quella di Maestro, allegando una lettera di scuse". Chi ha fatto parte della P2 ha tradito la storia dell'Italia ed ha infangato i principi che l'hanno ispirata. Per ben quattro volte il Cavaliere ha giurato fedeltà alla Costituzione.

Nel momento del giuramento avrà incrociato l'indice e il medio della mano sinistra, come si faceva da ragazzi per non far risultare il falso un peccato. La stessa cosa l'avrà fatta il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, durante la lettura, molto incerta, dell'editoriale in occasione della presentazione della nuova scenografia. Sentirlo parlare di "orgoglio nazionale", lui che sta seduto nella poltrona che fu di Vittorio Veltroni, Enzo Biagi, Willy De Luca, Emilio Rossi, Albino Longhi, Gad Lerner, solo per volere del padrone di Mediaset e null'altro, è imbarazzante.

Da quando è direttore il Tg1 non è mai stato protagonista per un'inchiesta fatta, ma per gli ascolti persi e le notizie non date. Non si dovrebbero dimenticare le parole di Tina Anselmi che fu presidente della Commissione parlamentare sulla P2: "Quando un paese non vive nella trasparenza delle istituzioni è un paese che rischia la condanna di non essere democratico".

Da il Fatto Quotidiano del 15 giugno



Fonte: http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2499460&yy=2010&mm=06&dd=15&title=la_rai_il_cav_e

mercoledì 16 giugno 2010

Israele e il Mossad contro la Turchia




Da http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=15901:pulsa-denura-contro-erdogan&catid=83:free&Itemid=100021



Pulsa Denura contro Erdogan







Maurizio Blondet
15 Giugno 2010
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Israele ha già mobilitato i suoi assassini professionali per un «cambio di regime» ad Ankara. Esiterei a fare questa affermazione se non la trovassi, nero su bianco, non su un’agenzia di fanatici islamici, bensì sul Giornale berlusconiano. Ecco le frasi dove si plaude, e si dà per scontato, il coinvolgimento del Mossad in sanguinisi atti eversivi all’interno della Turchia:

«... la Turchia rischia di ritrovarsi al centro di un conflitto politico e militare devastante senza aver avuto il tempo di mettere a segno la mossa principale della propria strategia, ovvero il controllo di Hamas (sic). E anche sul fronte interno lo scontro con il Mossad - sempre vicinissimo ai guerriglieri curdi - rischia di rivelarsi devastante. Molti in Turchia hanno già notato come l’assalto alla flotta pacifista sia stato accompagnato dall’inattesa esplosione di un bomba curda costata la vita a sette militari di una base di Iskenderun. Quell’attentato sospetto potrebbe, secondo alcune voci, portare allo sfratto degli uomini del Mossad da un’importante base segreta al confine con l’Iran considerata strategica per monitorare le mosse del nemico». (Gli 007 turchi dietro la provocazione dei «pacifisti»)

Il Mossad dunque, per deliziata ammissione del Giornale, manovra i terroristi curdi. L’attentato del PKK cui si fa riferimento è avvenuto nella notte del 31 maggio a Iskenderun (Alessandretta), dove ha stanza la Marina Militare turca: ignoti hanno lanciato sette razzi che hanno ucciso sette militari, appena due ore prima che i commandos israeliani arrembassero la Mavi Marmara in acque internazionali facendo strage dei passaggeri.

La successione degli eventi porta a credere che il primo attentato «curdo» sia stato messo a segno per ostacolare o impedire un possibile intervento della Marina turca a difesa della sua nave mercantile assaltata.
Gian Micalessin


Naturalmente, questo collegamento verrà bollato dalla Frankenstein come «complottismo antisemita»: il fatto è che lo dice il Giornale dove delira la Frankenstein, e l’articolo è firmato quel tal Micalessin – uno che quando lo conobbi era neofascista, ed ha trovato la sua strada, facendo il fascista per un’altra patria. Una volta, tali neofascisti vedevano il conflitto in Medio Oriente come la lotta del «sangue contro oro»: adesso sappiamo che Micalessin sta dalla parte dell’oro.

Infatti, il Micalessin praticamente ha copiato un comunicato-stampa (evidentemente diffuso anche al Foglio e a Libero) degli uffici di sovversione isareliani. Vi si legge infatti il rabbioso sospetto con cui l’intelligence sionista ha accolto la nomina di Hakan Fidan a capo del servizi segreti turchi MIT (Milli Istihbarat Teskilati).

Chi è mai costui?, si domanderanno i lettori del Gironale, visto che di Hakan Fidan il loro foglio non ha mai parlato. Micalessin, leggendo dal dossier del Mossad, li informa che Fidan è «il 42 enne fedelissimo di Erdogan», e che è «oggi l’uomo più controllato dal Mossad» da quando «un anno fa, ha assunto la carica di vicedirettore dell’ufficio del premier. Da allora Fidan è stato l’indiscusso protagonista delle aperture all’Iran culminate nella mediazione condotta con il Brasile per evitare a Teheran nuove sanzioni e consentirgli di arricchire il suo uranio sul territorio turco».

Ecco la colpa di Fidan: aver tentato, col governo brasiliano, di risolvere la questione del nucleare iraniano, che ovviamente Israele non vuol risolvere perchè vuole aggredire l’Iran.
Hakan Fidan


Ma le rivelazioni del Micalessin non finiscono qui. Sempre fedele al testo datogli dal Mossad, ci spiega che «la nomina di Fidan ha innanzitutto una valenza interna. Affidandogli la macchina di un intelligence nazionale che in Turchia concentra le funzioni di Difesa interna ed esterna Erdogan strappa alla nomenclatura laica un assetto strategico per il controllo del Paese e toglie ai generali meno fedeli un canale di collegamento diretto con Israele e con i servizi segreti della NATO».

Si può essere più chiari? Quando si parla di «nomenklatura laica»e di generali turchi «in diretto collegamento con Israele», manca solo la parola che li definisce in Turchia: dunmeh, i cripto-giudei che dalla «rivoluzione di Ataturk» in poi, hanno compiuto quattro colpi di Stato, applauditissimi dai media europei e americani in quanto «garantivano la laicità della nazione» – un plauso che purtroppo è mancato quando il colpo di Stato l’ha fatto in Cile il generale Pinochet. Ma Pinochet, contrariamente a Mustafà Kemal detto «Padre dei Turchi», non pregava intonando lo «Shemà Ysrael».

Da mesi il governo Erdogan sta smantellando questa storica quinta colonna «laica» nell’esercito, dimostrando che stava tramando il quinto golpe attraverso l’organizzazione segreta Ergenekon, la Gladio turca, che era collegata alla NATO come Gladio in Italia. Ad ogni arresto di gallonati dunmeh, la rabbia del regime sionista dev’essere salita agli occhi. Adesso, con la nomina di Fidan, Erdogan ha accecato gli israeliani del loro apparato di spionaggio infiltrato in Turchia.

E’ la rabbia totale, e infatti Micalessin ci dice che Fidan «è l’uomo più controllato dal Mossad»: ossia che sono già stati sguinzagliati i kidonim, gli assassini di Stato, per eliminarlo.

Da ventriloquo del regime sionista, Micalessin ci dice che Erdogan, nominando Fidan, ha commesso «un azzardo forse sottovalutato». I motivi esposti nel pezzo sono pura propaganda e disinformazione sionista. Secondo il mossadiano italiota, Fidan, «rilanciando la politica di aiuti a Gaza e la protesta contro l’embargo il capo dell’intelligence, puntava – d’intesa con Erdogan e il ministro degli Esteri Ahmed Davutoglu – a restituire alla Turchia l’antico ruolo di potenza regionale e strappare Hamas dall’abbraccio con Teheran».

L’abbraccio di Teheran ad Hamas è una menzogna di cui non c’è alcuna prova, inverosimile fattualmente – se Israele non lascia entrare a Gaza nemmeno i quaderni di scuola come potrebbero entrare emissari di Teheran e i loro fantomatici «armamenti ad Hamas», non si spiega – e tuttavia sinistramente ripetuta ai livelli ufficiali: il nostro ministro degli Esteri Frattini (o per meglio dire, il loro) ha dichiarato senza vergogna che «Gaza è l’avamposto dell’Iran». Il che non è solo servilismo spudorato, visto che a Gaza un milione e mezzo di persone messe alla fame dai giudei sono accampate sulle macerie dei bombardamenti giudaici; mancano di tutto, sono private di contatti col mondo e di soccorsi, e proprio la mancata resistenza all’operazione genocida Piombo Fuso ha dimostrato che Hamas non ha un armamento di qualche significato.

C’è qualcosa di peggio nella frase di Frattinistein: quando si comincia a dire a livello governativo che Gaza è l’avamposto dell’Iran, si auspica e si giustifica preventivamente il prossimo genocidio ebraico contro i palestinesi prigionieri del lager.

Ma riprendiamo il discorso del Micalessin: dunque, il governo turco non ha cercato di rompere l’assedio della fame a Gaza per motivi umanitari e a difesa dei diritti umani sanciti dall’ONU, bensì per «regalare ad Erdogan l’indiscusso ruolo di Gran Vizir regionale» e soprattutto «strappare Hamas dall’abbraccio con Teheran»: qui la disinformazione rivela il suo scopo, in fondo ingenuo nella sua rozzezza: il tentativo di rappresentare una specie di rivalità tra Teheran e Ankara, che sarebbero sì «alleati», ma in concorrenza reale per il controllo dei «terroristi nel Mediterraneo» (e Micalessin non parla degli israeliani). Ma, dice il Micalessin neofascista per conto terzi, «il regime di Teheran, spregiudicato e spietato come nessun altro quando è in ballo il controllo del Medio Oriente, risponde alle mosse turche con un’iniziativa che rischia di trascinare la regione sull’orlo di una nuova guerra. Una guerra in cui l’Iran sarebbe – grazie agli alleati libanesi di Hezbollah – la vera potenza egemone».

La mossa spietata dell’Iran sarebbe l’annuncio di Ahmadinejad di voler partecipare alla prossima flottiglia della pace per rompere l’assedio a Gaza, magari con navi da guerra iraniane: asserzione di nessuna consistenza, visto che è difficile anche solo immaginare che Teheran possa inviare un gommone militare nel Mediteraneo, dove regna la Sesta Flotta USA e fa la guardia il picolo ma armatissimo padrone degli americani. Non c’è, e non ci sarà mai, una flotta militare iraniana nel Mediterraneo; tanto meno in competizione con Ankara, che controlla l’entrata, ossia il Bosforo. Questo è puro delirio, stile Nirenstein e Ferrara (o Frattini).

Ma è un delirio molto lucido, dietro al quale c’è una minaccia diretta ad Erdogan: la frase di Ahmadinejad è «un’iniziativa che rischia di trascinare la regione sull’orlo di una nuova guerra. Una guerra in cui l’Iran sarebbe – grazie agli alleati libanesi di Hezbollah – la vera potenza egemone. Una guerra in cui il governo di Erdogan dovrebbe invece far i conti con l’aperta avversione di molti generali ancora fedeli alla NATO e a una visione laica dello Stato».

Insomma, Micalessin recapita il messaggio di Netanyahu come un buon postino: Attento Erdogan, Israele è pronta alla guerra contro di te. E non è solo armata con 2-300 testate nucleari, non solo è protetta da Washington, ma ha anche il controllo dei tuoi generali, quei generali turchi che rifiuteranno l’obbedienza al governo, e che ti sostituiranno con il loro quinto colpo di Stato.




Israelis demonstrate in support of Israel waves flags and hold a picture of Turkish Prime Minister Recep Tayyip Erdogan as Hitler in front of the Turkish embassy in Tel Aviv, Israel, Thursday, June 3, 2010


Ovvia minaccia per il Quarto Reich giudaico che – come il Terzo – è convinto che la sola diplomazia efficace consista nell’aggressione bellica. Ma è un’ingenuità sanguinaria ed un errore, che in politica è peggio del delitto. Perchè tutto il passato di Erdogan (che fu incarcerato dai laici militari turchi) testimonia la sua abilità e accortezza politica: certamente non si farà trascinare in una guerra, ed ha dalla sua un’arma che Israele non sa usare e che ha schifato per troppo tempo.

L’arma di Erdogan è, anzitutto, il diritto, l’adesione ai trattati che Israele ha patentemente violato. In base al tratatto fondativo della NATO, articolo 5, i membri dell’alleanza sono obbligati a considerare l’attacco armato ad uno come diretto a tutti loro. Ankara, dopo l’aggressione giudaica al mercantile turco, poteva apertamente esigere l’applicazione dell’articolo 5, mettendo in grande imbarazzo Washington, le capitali europee e i ministri israeliani lì insediati, a cominciare da Frattini.

Anders Fogh Rasmussen

Erdogan non l’ha fatto. Non apertamente, almeno. Ma è vero che alla NATO è stata indetta una lunga e probabilmente penosa seduta a porte chiuse, al termine della quale il segretario generale Anders Fogh Rasmussen è uscito leggendo un brevissimo e secchissimo comunicato, distillato nella riunione: «Esigo la liberazione immediata dei civili e delle navi trattenuti da Israele», insomma dei 700 pacifisti che i giudei stavano torturando e rapinando con gran gusto.

Tempo 24 ore, Israele ha dovuto liberare i detenuti di 60 nazioni: obbedendo alle pressioni riservate ma allarmatissime di Washington, anche perchè Erdogan aveva fatto sapere ad Obama che sulla prossima flottiglia della pace si sarebbe imbarcato lui di persona, naturalmente con la scorta della marina da guerra nazionale.

A questo punto, gli USA hanno dovuto far ciò che non vogliono (premere sui giudei che controllano il Congresso) per salvare la NATO. Erdogan è riuscito a giocare l’Alleanza Atlantica e le sue regole scritte contro gli interessi USA-Israeliani, è la prima volta in mezzo secolo. Non è certo un caso se Obama e il suo governo col piede nella fossa abbiano ritrovato il coraggio di dire ad alta voce che Israele deve togliere l’assedio della fame a Gaza. Erdogan ha fatto toccare con mano all’Amministrazione quel che sostenevano Walt e Mearsheimer: che la posizione di totale appoggio ad Israele contrasta con gli interessi strategici profondi degli Stati Uniti, e li danneggia.

Frattanto il tribunale di Istanbul-Bakirkoi hanno aperto un’inchiesta sul massacro della Mavi Marmara, ordinando le autopsie delle vittime; e la violazione del diritto da parte israeliana è così evidente, che la giustizia turca non farà fatica ad elevare l’accusa di pluri-omicidio, pirateria, sequestro arbitrario di navi in acque internazionali contro Netanyahu, il suo ministro della Guerra Ehud Barak e il capo dei militari Gabi Askenazi. Una volta comprovate le accuse – non è certo difficile – i tre compari sionisti dovranno evitare di sbarcare in Turchia o in altro Paesi che ne accetteranno le risultanze giudiziarie, e per di più – con la sentenza di un tribunale nazionale – i tre compari sono stati messi sullo scivolo che può farli finire incriminati da un tribunale internazionale.

Non avverrà, perchè USA, Gran Bretagna e i vari governi Frattini si opporranno: ma saranno loro a dover fare i salti mortali per negare l’evidenza della violazione del diritto da parte di Israele, con ciò dimostrando la loro bassezza morale: davanti al vasto mondo «non-occidentale», che guarda con giustificata irritazione alla politica dei due pesi-due misure per cui l’Occidente fa le prediche morali, e obbliga a sanzionare l’Iran, mentre assolve Israele per delitti peggiori e ben reali.

Ora, questo vasto mondo non-occidentale è un’entità che sta assumendo dimensioni alquanto preoccupanti per Usraele. Non c’è solo la Turchia, Paese musulmano ma avanzato, col secondo esercito della NATO (dopo gli USA), un’economia prospera e un prestigio internazionale che cresce di ora in ora, e mette nell’ombra i satelliti islamici di Usraele (a cominciare dall’Egitto e dall’Arabia Saudita).

Alla Conferenza di Ankara partecipano Cina, India, Iran, Giordania, Kazakhstan, Kyrgizistan, Mongolia, Uzbekistan, Pakistan, i palestinesi, la Tailandia, la Russia, la Corea, il Tagikistan: di fatto è una nuova configurazione dei «non allineati». Per di più, al vertice è comparso Vladimir Putin, che non era atteso, ed ha avuto colloqui a parte con il siriano Assad e con Ahmadinejad: probabilmente anche lui cerca una sponda contro la sezione filo-giudaica rappresentata dal presidente Medvedev, proprio mentre Mosca, come membro permanente del Consiglio di Sicurezza ONU, ha votato a favore di nuove sanzioni all’Iran. (Putin joins Erdoğan, voices condemnation of Israeli ship raid)




Russian Prime Minister Vladimir Putin, left. shakes hands with Turkish Prime Minister Recep Tayyip Erdogan, right, after a press conference in Istanbul, Turkey, Tuesday, June 8, 2010


Gli israeliani invece erano attesi e non si sono visti: timore di essere arrestati.

Insomma, come cominciano a notare alcuni analisti americani, la Turchia di Erdogan sta diventando il punto di riferimento per una quantità di Paesi ben oltre il Medio Oriente, verso il Caucaso, l’Asia centrale e la Russia: ma anche in America Latina dove non più solo il Venezuela, ma il gigantesco Brasile ha tratto le conclusioni dall’arrogante silenzio americano ed europeo con cui è stata accolta l’iniziativa diplomatica di Brasilia ed Ankara verso l’Iran, un successo che la volontà israeliana ha voluto lasciar cadere nel disprezzo.

Sono Paesi che hanno buoni motivi per sentirsi perseguitati, danneggiati, strumentalizzati o spregiato dall’«ordine americano» e dalla sua doppia morale.

«Agli occidentali sfugge che il loro comportamento di dominatori, visto da Istanbul, da Brasilia e non solo, ha indotto alla seguente conclusione: l’Occidente non è più la condizione necessaria per la risoluzione del problema internazionale, ma parte del problema», ha scritto su Hurriyet l’analista Sehmi Idiz. E Michael Vlahos, docente di strategia all’US Naval War College, teme che Erdogan riesca là dove hanno fallito i sauditi, gli egiziani e gli altri aspiranti più ridicoli (tipo Gheddafi): nel diventare la «Guida ben Diretta» che restituirà «un’identità collettiva e uno scopo» al fratturato mondo islamico; cosa a cui del resto lo candida la rivendicata eredità ottomana. La quale significò non già una dittatura islamista accentratrice, ma un Commonwealth di nazioni e Stati governati con esperienza e larghe vedute: ed Erdogan ha ristabilito buoni rapporti con l’Armenia, e l’aggressione israeliana alla flottiglia della pace ha avvicinato alle posizioni turche la Grecia, un altro nemico storico dell’ottomanismo, ma che oggi ha ragione di situarsi tra i danneggiati e gli spregiati del Nuovo Ordine Unilaterale.

Sta nascendo insomma, dice Vlahos, una vasta realtà politica che «USA e Israele ostinatamente rifiutano di vedere».

Già questo solo fatto rende la vittoria diplomatica di Hillary Clinton – l’aver comprato con aperture commerciali il voto di Mosca (oltre a quello della Cina) per sanzioni più dure contro l’Iran – alquanto vuota di contenuto. Ahmadinejad non è apparso affatto isolato, ad Ankara. Tant’è vero che Washington punta ad ottenere sanzioni unilaterli più dure, «spontaneamente» messe in atto dagli europei contro Teheran. Questi eseguono infatti, come ci si attendeva da camerieri. Ma il ministro degli Esteri russo Lavrov ha personalmente avvertito la Clinton che la Russia si opporrà categoricamente a sanzioni aggiuntive oltre il quadro deciso all’ONU. Sono le basi per un antagonismo ed un rovesciamento di posizioni nel seno delle «potenze autorizzate» al Consiglio di Sicurezza.

Peggio se, come fa capire Micalessin, Israele vuol far sapere che ha guidato i militanti del PKK nell’eccidio dei marinai turchi a Iskenderun. La cosa era ben nota ad Ankara, perchè il capo storico del PKK, Ocalan, ha fatto sapere che non è lui a guidare il PKK dal carcere. E chi allora, se non lo Stato-canaglia specialista in sovversioni ed assassini all’estero?

Il vicepresidente dell’AKP, il partito di Erdogan al governo, Celik, ha dichiarato che non credeva che l’attacco dei curdi alla Marina da guerra turca fosse in relazione con l’aggressione alla Mavi Matmara; subito seguito da altri esponenti politici turchi.

«Esistono le prove», ha detto Sedat Laciner, capo del International Strategic Research Organization (un think tank del governo turco) «che dimostrano che Israele addestra ed arma il gruppo terroristico anti-turco ed anti-iraniano del PKK nelle zone del nord dell’Iraq».

Sicchè il risultato delle violenze israeliane, e delle minacce al nuovo capo dell’intelligence turca, sarà proprio quel che teme – a nome dei giudei – il Micalessin: «Quell’attentato sospetto potrebbe, secondo alcune voci, portare allo sfratto degli uomini del Mossad da un’importante base segreta al confine con l’Iran considerata strategica per monitorare le mosse del nemico».

Non più basi giudaiche in Turchia, e ben presto non più la NATO.

Un’aggiunta: non è stata sicuramente una coincidenza nemmeno l’assassinio in Turchia di monsignor Padovese per mano del suo autista. L’autista del prelato era stato scelto ed imposto dai militari, ossia dai dunmeh. Lo strazio di un prete cattolico al grido di «Allah!» è venuto troppo a puntino per accusare la ferocia islamica, in concomitanza con il clamore internazionale per lo sterminio israeliano.

In questo senso, tento una risposta a un lettore che mi scrive:

«Carissimo Maurizio Blondet,
spero che tu segua attentamente cosa c’è dietro l’uccisione di monsignor Padovese... Il Vaticano sbrigativamente ha allontanato pista politica o religiosa. Ma era chiaro che non si trattava dell’azione del ‘solito’ folle. A Cipro il Papa, ancora una volta ha cercato di ‘fraternizzare’ con i musulmani. Risposta: per ben due volte è stato preso in giro. Prima hanno mandato un vecchietto a rappresentare il muftì. Prima di lasciare l’isola, il muftì è arrivato in ritardo, ‘puntualmente’ in ritardo per... evitare il Papa. Sveglia!!!
Tuo Patavinus»

Se Patavinus cerca di «svegliarmi» sull’ostilità islamica verso il Papa e i cattolici, la risposta è facile: il muftì ha fatto bene ad evitare di incontrare il Papa. Agli occhi dei musulmani, con il discorso di Ratisbona, Benedetto XVI si è schierato dalla parte di questo «Occidente» che condona ad Israele le violazioni dei principii morali che proprio l’Occidente non si stanca di proclamare per gli altri.

Perchè un muftì dovrebbe incontrare il Papa? Per sentirsi ricordare ancora una volta che «la fede non deve consentire nè condonare la violenza», come se fosse la macchia originale solo dell’Islam?

Lo dica ai religiosissimi giudei, che sguinzagliano in ogni parte del mondo i loro sicarii, e che non minacciano che guerre e coprono di sangue le navi mercantili ed affamano i palestinesi, riconoscibile strumento scatenato di Satana per qualunque vero credente.

Identificandosi con l’Occidente che assolve la strage dei pacifisti, si schiera con il violatore massimo dei diritti universali, il Pontefice – e la Chiesa – hanno perso ogni pretesa di superiorità morale nei riguardi di tutte le altre religioni, che in qualche modo il Papato di Woytila s’era guadagnato. Era una sorta di voce pontificale di «tutti i credenti», adesso non più, e non ha alcun diritto di fare la lezione di etica proprio alle vittime del sopruso e della violenza.

Maurizio Blondet

domenica 13 giugno 2010

Sionismo e Nazionalsocialismo


Sionismo e Terzo Reich (prima parte)
Da http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=15685:sionismo-e-terzo-reich-prima-parte&catid=83:free&Itemid=100021
Mark Weber


Agli inizi del 1935, una nave passeggeri diretta ad Haifa in Palestina lasciava il porto tedesco di Bremerhaven. Sulla poppa portava le lettere ebraiche per il suo nome «Tel Aviv,» mentre uno stendardo con lo swastika svolazzava dall’albero. Sebbene la nave fosse di proprietà sionista, il suo capitano era un membro del partito nazionalsocialista. Moti anni dopo un passeggero della nave, richiamò alla memoria questa combinazione simbolica come una «assurdità metafisica» (1)

Assurda o meno che fosse, questa è solo una delle vignette di un capitolo della storia poco noto: la vasta collaborazione tra il Sionismo e il Terzo Reich di Hitler.

Scopi Comuni

Negli anni, gli individui di diversi Paesi hanno lottato con la «questione ebraica», ovvero quale è il vero ruolo degli Ebrei in una società non ebrea?

Negli anni ‘30, i Sionisti Ebrei e Nazionalsocialisti Tedeschi condividevano visioni simili sul come gestire tale imbarazzante questione. Concordavano su come Ebrei e Tedeschi fossero distintamente due nazionalità differenti e come gli Ebrei non appartenessero alla Germania.

Gli Ebrei che vivevano nel Reich, quindi, dovevano essere considerati non come «tedeschi di fede ebraica», ma piuttosto membri di una separata comunità nazionale. Il Sionismo (il nazionalismo ebreo) implicava anche un obbligo da parte degli Ebrei sionisti: quello di insediarsi in Palestina, la patria «ebrea».

Se allo stesso tempo avessero rivendicato eguali diritti in Germania o in ogni altro paese «straniero», non avrebbero potuto considerarsi sinceri Sionisti.

Theodor Herzl (1860-1904), il fondatore del sionismo moderno, sostenne che l’antisemitismo non era una aberrazione, ma una risposta naturale e completamente comprensibile da parte di non Ebrei, verso atteggiamenti e comportamenti ebrei estranei.

L’unica soluzione- commentava- era che gli Ebrei riconoscessero la realtà e vivessero per conto loro in uno stato separato.

«La questione ebrea esiste ovunque vivano Ebrei in numero notevole» scriveva nel suo lavoro più influente, The Jewish State (Lo Stato Ebreo).

«Laddove non esista, viene portata da Ebrei in arrivo … Credo di comprendere l’antisemitismo, che è un fenomeno molto complesso. Come Ebreo considero questo sviluppo, senza odio, né paura».

La questione ebrea, sosteneva, non è sociale o religiosa. «E’ una questione nazionale. Per risolverla, dobbiamo, soprattutto, farne una questione politica internazionale …»

» Indipendentemente dalla loro cittadinanza, insisteva Herzl, gli Ebrei non costituiscono semplicemente una comunità religiosa, ma una nazionalità, un popolo, un Volk». (2)

Il Sionismo, scriveva Herzl, offriva al mondo una benvenuta «soluzione finale della questione Ebrea». (3)

Sei mesi dopo l’ascesa di Hitler al potere, la Federazione Sionista della Germania (allora il più grande gruppo sionista nel Paese) sottopose un dettagliato memorandum al nuovo governo che rivide le relazioni germanico-ebree e formalmente offrì supporto sionista nel risolvere la irritante «questione ebrea» . Il primo passo, suggeriva, doveva essere un franco riconoscimento delle differenze nazionali fondamentali: (4)

«Il Sionismo non ha illusioni in merito alla difficoltà della condizione ebrea, che consiste soprattutto in uno schema abnorme di occupazione e nell’errore di una postura morale e intellettuale radicata nella propria tradizione. Decenni fa il Sionismo riconobbe che si sarebbero potuti vedere sintomi di deterioramento come risultato della tendenza all’»assimilazionismo» …

Il Sionismo crede che la rinascita della vita nazionale di un popolo, cosa che ora sta accadendo in Germania attraverso l’enfasi sul suo carattere cristiano e nazionale, debba anche verificarsi nel gruppo nazionale ebreo.

Poichè anche per il popolo ebreo, l’origine nazionale, la religione, il destino comune ed il senso della sua unicità, devono essere di decisiva importanza nel forgiare la sua esistenza. Questo significa che l’individualismo egoico dell’era liberale deve essere superato e sostituito da un senso di comunità e di responsabilità collettiva…

Crediamo che sia precisamente la nuova Germania [Nazionalsocialista] che, attraverso una coraggiosa risolutezza nel trattare la questione Ebrea, possa fare un passo decisivo verso il superamento di un problema che, in verità, più parte dei popoli europei dovrà trattare …

Il nostro riconoscimento di nazionalità ebrea procura una relazione chiara e sincera con il popolo tedesco e le sue realtà nazionali e razziali.

Precisamente perché non vogliamo falsificare questi fondamenti , perchè anche noi siamo contro il matrimonio misto, e siamo per mantenere la purezza del gruppo ebreo e respingiamo ogni trasgressione nel dominio culturale; noi – essendo stati cresciuti nella cultura e lingua tedesche – possiamo mostrare un interesse nelle opere e nei valori della cultura tedesca con ammirazione e solidarietà interna.

Per i suoi scopi pratici, il Sionismo spera di essere in grado di guadagnarsi la collaborazione persino di un governo fondamentalmente ostile agli Ebrei, perché nel trattare la questione ebrea, non sono implicati dei sentimentalismi ma un reale problema, la cui soluzione interessa tutte le persone e al presente soprattutto i Tedeschi.

…Boicottare la propaganda — così come ora in molti modi è portata avanti contro la Germania- è essenzialmente non-sionista, perché il Sionismo vuole non fare battaglia ma convincere e costruire…

Non siamo ciechi al fatto che la questione ebrea esista e continuerà ad esistere. Data l’abnorme situazione degli Ebrei, ne conseguono seri svantaggi per loro, ma anche condizioni scarsamente tollerabili per altri popoli».

Il documento della Federazione, il Jüdische Rundschau (»rassegna ebraica», ndt), proclamò lo stesso messaggio: «Il Sionismo riconosce l’esistenza di un problema ebreo e desidera una soluzione costruttiva e di vasta portata. Per questa ragione il Sionismo si augura di ottenere l’assistenza di tutti i popoli, siano essi pro o anti ebrei, perché, nella sua visione, qui si tratta di un problema concreto e non sentimentale, alla cui soluzione tutte le genti sono interessate». (5)

Un giovane rabbino berlinese, Joachim Prinz, che successivamente si stanziò negli Stati Uniti e divenne il capo dell’American Jewish Congress (Congresso ebreo-americano), nel suo libro del
1934 scrisse: Wir Juden (»noi Ebrei» ndt), che la rivoluzione nazionalsocialista in Germania intese come «Jewry for the Jews.», comunità ebrea per gli Ebrei.

Spiegò: «Nessun sotterfugio ci può ora salvare. Al posto della assimilazione desideriamo un nuovo concetto: riconoscimento della nazione ebrea e della razza ebrea» (6)

Collaborazione attiva

Sulla base delle loro ideologie simili sulla etnicità e nazionalità, i Nazionalsocialisti e i Sionisti lavorarono insieme per ciò che ogni gruppo credeva fosse nel proprio interesse nazionale.

Come risultato, il governo di Hitler sostenne vigorosamente il Sionismo e la emigrazione ebrea in Palestina dal 1933 fino al 1940-1941, quando la Seconda Guerra Mondiale impedì una vasta collaborazione.

Persino quando il Terzo Reich divenne più trincerato, molti Ebrei tedeschi, probabilmente la maggioranza, continuarono a considerarsi, spesso con considerevole orgoglio, prima di tutto Tedeschi.

Pochi erano entusiasti di strapparsi le radici e iniziare una nuova vita nella lontana Palestina. Tuttavia sempre più Ebrei Tedeschi divennero Sionisti durante questo periodo.

Fino a fine 1938, il movimento sionista fiorì in Germania e sotto Hitler. Jüdische Rundschau – il bisettimanale della Federazione sionista- aumentò considerevolmente. Si pubblicarono molti libri sionisti. L’opera sionista impazzava in Germania in quegli anni, nota la Encyclopaedia Judaica

Un congresso sionista tenutosi a Berlino nel 1936 rispecchiava «nella sua composizione, la vigorosa vita partitica dei Sionisti tedeschi». (7)

Le SS erano particolarmente entusiaste nel sostenere il Sionismo. Un documento interno delle SS del giugno 1934 incalzava un sostegno attivo ed ampio al Sionismo da parte del governo e del Partito come miglior modo per incoraggiare l’emigrazione degli Ebrei della Germania verso la Palestina. Questo avrebbe aumentato l’autoconsapevolezza ebrea. (8)

(…) L’ufficiale SS Leopold von Mildenstein e l’ufficiale della Federazione Sionista Kurt Tuchler fecero insieme un giro di 6 mesi in Palestina per fare degli accertamenti (fiscali, direbbe la parola ndt) per uno sviluppo Sionista in tal luogo.

Sulla base di queste osservazioni di prima mano, von Mildenstein scrisse una serie di 12 articoli illustrati per l’importante quotidiano berlinese « Der Angriff» (=l’Attacco ndt) che apparve alla fine del 1934 sotto il titolo di «Viaggi Nazi in Palestina». Le serie espresse grande ammirazione per lo spirito pionieristico e per le conquiste dei coloni ebrei.

L’autosviluppo sionista, scrisse von Mildenstein, aveva prodotto un nuovo tipo di Ebreo. Questi lodava il Sionismo come un grande beneficio sia per gli Ebrei che per il mondo intero.

Una patria ebrea in Palestina, scrisse nel suo articolo conclusivo: «indicava la via per curare una ferita vecchia di secoli sul corpo del mondo: la questione ebraica».

» Der Angriff emise una medaglia speciale con uno Swastika da un lato e la Stella di Davide dall’altro per commemorare la visita congiunta SS-Sionisti.

Alcuni mesi dopo la comparsa degli articoli, von Mildenstein fu promosso a capo del dipartimento degli affari ebrei del servizio di sicurezza SS, per poter sostenere più efficacemente la migrazione sionista e il suo sviluppo. (9)

Il giornale ufficiale delle SS, Das Schwarze Korps (=il corpo nero, ndt), proclamò il suo sostegno per il Sionismo nel maggio 1935 nell’editoriale di prima pagina: «il tempo potrebbe non essere lontano in cui la Palestina sarà ancora in grado di ricevere i suoi figli che le sono stati mancanti per oltre 1000 anni. Vanno a loro i nostri buoni auspici, insieme alla buona volontà ufficiale» (10)

4 mesi dopo un simile articolo apparve nel documento SS: (11)

Il riconoscimento della comunità ebraica come comunità razziale basata sul sangue e non sulla religione porta il governo Tedesco a garantire senza riserva la separatività razziale di questa comunità. Il governo si trova in totale accordo con il grande movimento spirituale all’interno della comunità ebraica, il cosiddetto Sionismo, con il suo riconoscimento della solidarietà della comunità ebraica nel mondo e il suo rifiuto di nozioni assimilazioniste.

Su questa base la Germania intraprende misure che giocheranno sicuramente un ruolo significativo in futuro nella gestione del problema ebreo nel mondo.

Una importante compagnia navale tedesca diede inizio ad un servizio navale da Amburgo ad Haifa, in Palestina, nell’ ottobre 1933 fornendo «cibo strettamente kosher sulle sue navi, sotto la supervisone del rabbinato di Amburgo.» (12)

Avendo ufficialità alle spalle, i Sionisti lavorarono in modo indefesso per «rieducare» gli Ebrei Tedeschi. Come lo storico Americano Francis Nicosia disse nella sua indagine del 1985, The Third Reich and the Palestine Question (il Terzo Reich e la questione Palestinese): « I sionisti venivano incoraggiati a portare il loro messaggio alla comunità ebraica, a raccogliere denaro, mostrare film sulla Palestina ed educare in senso generale gli Ebrei sulla Palestina. Ci fu una considerevole pressione ad insegnare agli Ebrei in Germania a cessare di identificarsi come Tedeschi e a risvegliare in loro una nuova identità nazionale ebrea.» (13)

In una intervista dopo la guerra, l’ex capo della Federazione Sionista della Germania, Dr. Hans Friedenthal, riassunse la situazione: «La Gestapo fece di tutto in quei giorni per promuovere l’emigrazione, particolarmente in Palestina. Spesso ricevemmo il loro aiuto quando richiedevamo qualsiasi cosa da altre autorità in merito alle preparazioni per la emigrazione». (14)

Al Congresso del Partito Nazionalsocialista, nel settembre del 1935, il Reichstag (=parlamento, diremmo oggi ndt) adottò le cosiddette leggi di Norimberga «Nuremberg laws» che proibivano matrimoni e relazioni sessuali tra Ebrei e Tedeschi ed in effetti proclamò gli Ebrei una nazionalità minoritaria estranea.

Alcuni giorni dopo, la sionista Jüdische Rundschau (v.sopra = organo della Federazione Sionista, ndt) fece un editoriale di benvenuto alle nuove misure: (15)

La Germania sta andando incontro … alle richieste del Congresso Sionista Mondiale quando dichiara che gli Ebrei che ora vivono in Germania sono una minoranza nazionale. Una volta che gli Ebrei sono stati bollati come minoranza nazionale è di nuovo possibile stabilire relazioni normali tra la nazione Tedesca e la comunità Ebraica.

Le nuove leggi danno alla minoranza ebrea in Germania la sua propria vita culturale, la sua propria vita nazionale. In futuro le sarà possibile dar forma a proprie scuole, teatro, associazioni sportive. In breve può creare il proprio futuro in tutti gli aspetti della vita nazionale.

La Germania ha dato alla minoranza ebrea l’opportunità di vivere per se stessa e sta offrendo una protezione statale per questa vita separata della minoranza ebrea: il processo di crescita della comunità ebraica in una nazione sarà quindi incoraggiato e verrà fatto un contributo al sistema dirigente relativamente alle relazioni più tollerabili tra le due nazioni.

Georg Kareski, il capo sia del «Revisionist» , l’Organizzazione Statale Sionista e della Lega Culturale Ebraica ed ex capo della comunità ebraica di Berlino, dichiarò in una intervista al quotidiano berlinese «Der Angriff «, alla fine del 1935: (16)

«Per molti anni ho considerato una totale separazione degli affari culturali dei due popoli [Ebrei e Tedeschi] come un prerequisito per vivere insieme senza conflitto… Ho sostenuto a lungo una tale separazione, a patto che sia fondata sul rispetto per la nazionalità estranea. Le Leggi di Norimberga, The Nuremberg Laws, … a parte i loro provvedimenti legali, mi sembrano conformarsi interamente a questo desiderio di una vita separata basata sul mutuo rispetto … Questa interruzione del processo di dissoluzione in molte comunità ebraiche, che è stato promosso attraverso matrimoni misti, è perciò dal punto di vista ebraico, totalmente benvenuto».

I capi sionisti in altri Paesi fecero eco a queste visioni. Stephen S. Wise, presidente del Congresso Ebreo Americano e del Congresso Ebreo Mondiale, disse in un comizio di New York nel giugno 1938: «Non sono un cittadino americano di fede ebrea, sono un Ebreo… Hitler aveva ragione in una cosa. Chiama gli Ebrei una razza a noi siamo una razza.» (17)

Lo specialista degli affari Ebrei del Ministero degli Interni , Dr. Bernhard Lösener, espresse sostegno al Sionismo in un articolo che apparve nel numero di novembre 1935 del Reichsverwaltungsblatt ( il foglio di amministrazione del Reich, ndt) ufficiale: (18)

«Se gli Ebrei avessero già il loro stato in cui la maggioranza di loro fosse insediata, allora la questione ebraica potrebbe essere considerata oggi come totalmente risolta, anche per gli Ebrei stessi. I Sionisti hanno mostrato una minima opposizione alle idee sottostanti le Leggi di Norimberga, poichè si rendono conto improvvisamente che queste leggi rappresentano la sola soluzione corretta anche per il popolo ebreo. Poiché ogni nazione deve avere il suo stato, come espressione esterna della sua particolare nazionalità.

In cooperazione con le autorità tedesche, i gruppi sionisti organizzarono un network di ca 40 campi e centri agricoli attraverso la Germania dove probabili coloni venivano istruiti per la loro nuova vita in Palestina.

Sebbene le Leggi di Norimberga, proibissero agli Ebrei di dispiegare la bandiera tedesca, venne loro specificatamente garantito il diritto di mostrare lo stendardo nazionale ebreo, blu e bianco. La bandiera che un giorno sarebbe stata adottata da Israele, veniva fatta sventolare nei campi sionisti e nei centri nella Germania di Hitler. (19)

Il servizio di sicurezza di Himmler cooperò con l’Haganah, l’organizzazione sionista militare in Palestina. L’Ente delle SS pagò l’ufficiale della Haganah, Feivel Polkes per informazioni riguardo alla situazione in Palestina e per l’aiuto nel dirigere l’emigrazione ebraica verso quel Paese.

Nel frattempo, l’ Haganah veniva tenuto ben informato sui piani tedesch, da una spia che fu in grado di insediarsi nei quartier generali berlinesi delle SS. (20)

La collaborazione tra l’Haganah e le SS includeva persino consegne segrete di armi tedesche a coloni ebrei per usarle nelle lotte con gli Arabi palestinesi. (21)

Nel periodo immediatamente seguente, nel novembre 1938, quando scoppiò la «Kristallnacht» (notte dei cristalli) con violenza e distruzione, le the SS aiutarono velocemente l’organizzazione sionista a rimettersi in piedi e continuare il suo lavoro in Germania, sebbene ora con una maggiore e più ristretta supervisione. (22)

Riserve ufficiali

Il sostegno tedesco al Sionismo non fu illimitato. Sia il governo che gli ufficiali del partito erano molto consapevoli della continua campagna di potenti comunità ebraiche negli Stati Uniti, Gran Bretagna ed altri Paesi, volta a mobilizzare i «loro» governi e seguire i cittadini contro la Germania.

Fintanto che la parola «comunità ebraica» rimaneva implacabilmente ostile verso il Nazionalsocialismo tedesco e fintanto che la grande maggioranza di Ebrei nel mondo era poco bramosa di stanziarsi nella terra promessa sionista, uno stato sovrano ebraico in Palestina, non avrebbe veramente risolto la questione ebraica internazionale.

Invece, considerarono gli ufficiali tedeschi, esso avrebbe rafforzato immensamente questa campagna pericolosamente anti-tedesca. Una copertura tedesca al Sionismo era perciò limitata a sostenere una patria ebrea in Palestina, sotto il controllo britannico, non uno stato sovrano ebreo. (23)

Uno Stato ebraico in Palestina, disse ai diplomatici il Ministro degli Affari Esteri nel giugno 1937, non sarebbe stato nell’interesse della Germania perché non sarebbe stato in grado di assorbire tutti gli Ebrei del mondo, ma sarebbe servito solo come base di potere aggiuntivo per la comunità ebraica internazionale, nello stesso modo in cui Mosca serviva come base per il comunismo internazionale. (24)

Mostrando un certo spostamento nella politica ufficiale, la stampa tedesca espresse molta più solidarietà nel 1937 per la resistenza Arabo palestinese nei confronti delle ambizioni sioniste, in un tempo in cui la tensione e il conflitto tra Ebrei e Arabi in Palestina stava drasticamente aumentando. (25)

Una circolare del Ministero degli Esteri del 22 giugno 1937, mise in guardia invece a sostenere l’insediamento ebreo in Palestina,

Una circolare del Ministero degli Esteri del 22 giugno 1937, espresse cautela invece sul sostegno per l’insediamento ebreo in Palestina: «sarebbe nonostante tutto un errore dedurre che la Germania sostenga la formazione di una struttura statale in Palestina, sotto una qualche forma di controllo ebreo. Nell’ottica della agitazione anti-Germania della comunità ebraica internazionale, La Germania non può essere d’accordo sul fatto che la formazione di uno stato ebreo in Palestina aiuterebbe lo sviluppo pacifico delle nazioni del mondo». (26)

«La proclamazione di uno stato ebraico, o di una Palestina amministrata da Ebrei, ammoniva un memorandum della sezione affari ebraici delle SS, «creerebbe per la Germania un nuovo nemico, uno che avrebbe una profonda influenza sullo sviluppo del vicino oriente».

Un’altra agenzia SS predisse che uno stato ebraico «lavorerebbe per portare una protezione speciale di minoranza agli Ebrei in ogni Paese, dando quindi una protezione legale alla attività di sfruttamento della comunità ebraica del mondo» (27)

Nel gennaio 1939, il nuovo Ministro degli Esteri di Hitler, Joachim von Ribbentrop, ammonì parimenti in un’altra circolare che «la Germania deve considerare pericolosa la formazione di uno stato ebraico» perché « porterebbe ad un aumento internazionale del potere della comunità ebraica mondiale» (28)

Lo stesso Hitler rivedette tutta la questione nei primi del 1938 e decise di sostenere la migrazione ebraica verso la Palestina in modo ancor più vigoroso, nonostante il suo scetticismo di lungo corso sulle ambizioni dei Sionisti e cattivi presentimenti sul fatto che le sue politiche potessero contribuire alla formazione di uno stato ebraico. La prospettiva che la Germania si sbarazzasse dei suoi Ebrei, concluse, aveva maggior peso che i possibili pericoli. (29)

Nel frattempo il governo britannico, impose ancora più drastiche restrizioni sulle immigrazioni ebree in Palestina nel 1937, 1938 e 1939. In risposta, il servizio di sicurezza delle SS concluse una alleanza segreta con l’organismo sionista clandestino Mossad le-Aliya Bet per mandare di nascosto Ebrei illegalmente in Palestina.

Come risultato di questa intense collaborazione, molti convogli di nave poterono raggiungere la Palestina passando vicino a cannoniere britanniche. La migrazione ebraica, sia legale che illegale, dalla Germania (inclusa l’Austria) alla Palestina crebbe enormemente nel 1938 e 1939.

Altri 10.000 Ebrei erano registrati per partire in ottobre 1939, ma lo scoppio della guerra in
settembre pose fine allo sforzo. Comunque le autorità tedesche continuarono a promuovere una emigrazione indiretta ebrea verso la Palestina durante il 1940 e 1941. (30)

Persino nel tardo marzo 1942, almeno uno dei campi di formazione «kibbutz» ufficialmente autorizzati dal Sionismo per potenziali emigranti, continuò adoperare nella Germania di Hitler. (31)

(fine prima parte)

By Mark Weber

Fonte > Institute for Historical Review

Traduzione Cristina Bassi (www.thelivingspirits.net)

IMPERIALISMO: LA PROSSIMA GUERRA IRANIANA


DI MJ ROSEMBERG
The Huffington Post

Sta succedendo di nuovo.

Le stesse forze - con alcune nuove aggiunte e meno alcuni disertori intelligenti - che hanno spinto gli Stati Uniti in una guerra inutile e mortale con l'Iraq, ora si stanno organizzando per la prossima guerra.

Questa volta l'obiettivo è l'Iran, che, proprio come l'Iraq, si dice sia in procinto di creare armi di distruzione di massa.

Inoltre, proprio come l'Iraq, il suo presidente è un probabile pazzo determinato a distruggere Israele.

Nel caso dell'Iraq, il presidente, Saddam Hussein, non solo minacciò di bruciare "la metà di Israele", ma effettivamente lanciò 39 missili SCUD contro Israele durante la guerra del Golfo del 1991.

Quella guerra determinò la fine del potere di Saddam.

Ma questo non fu buono abbastanza per il vice presidente Dick Cheney e i suoi compagni di sciacallaggio bellico. Dieci anni dopo, con Cheney alla vicepresidenza e l'11 Settembre come pretesto, la banda Cheney portò l'America ad una guerra per deporre Saddam. L'obiettivo: trasformare l'Iraq in un protettorato americano, al fine di realizzare decine di miliardi di dollari per sé e per i loro alleati. Finora, 4.400 americani, 318 delle forze alleate, e centinaia di migliaia di iracheni sono morti per portarla avanti.

Ma Cheney arruolò anche un gruppo di ragazzi pon-pon di guerra che non avevano alcun interesse a trarre soldi dal conflitto. Quelli erano i neocon che spingevano per la guerra con la scusa che l'eliminazione di Saddam Hussein sarebbe stata un bene per Israele.

La banda Cheney era formata da gente come Doug Feith, Joe Lieberman, John Bolton, Frank Gaffney, Richard Perle, Charles Krauthammer, Scooter Libby, Bill Kristol, Elliot Abrams e loro alleati nel Governo e in vari mezzi di comunicazione. Anche la lobby israeliana è un membro della banda - sebbene operi con niente altro che il vigore che ora dedica allo sforzo anti-Iran. (La pressione esercitata dalla lobby e’ per buona parte la ragione per cui molti democratici hanno sostenuto una guerra che sapevano sbagliata.)

Naturalmente, l'Iraq non aveva ADM [armi di distruzione di massa-ndt] e l'amministrazione Bush quasi certamente lo sapeva. (Se l'Iraq le avesse avute, non lo avremmo attaccato più di quanto ora attacchiamo la Corea del Nord. In effetti, la prova che un paese non dispone di ADM provoca la nostra disponibilità a prendere in considerazione di bombardarlo).

Ma, in ogni caso la banda degli sciacalli di guerra e ideologi neocon era caparbiamente a favore della guerra. Le probabili ADM erano solo un pretesto.

Questo sarebbe tutto per i libri di storia (e le vedove in lutto, i genitori, i nonni, i figli, i compagni, le sorelle e i fratelli degli americani caduti) se lo stesso scenario non si ripresentasse oggi. All'inizio di maggio, Turchia e Brasile - dopo mesi di intensi negoziati – hanno persuaso il regime iraniano ad accettare un accordo che avrebbe notevolmente ridotto la sua capacità di produrre un' arma nucleare. L'accordo turco-brasiliano è stato quasi identico a quello che il presidente Obama e i nostri alleati spingevano gli iraniani ad accettare in ottobre.

Solo che questa volta, esso non era abbastanza efficace. L'amministrazione Obama ha ignorato la conquista turco-brasiliana, dicendo che il suo obiettivo paralizzava le sanzioni che erano vicini a ottenere. Certo, pochi credono che le sanzioni avranno un qualche effetto significativo se non quello di punire iraniani comuni, persone che soffrono già abbastanza sotto un regime mostruoso.

Ma all'amministrazione sembra sia stato venduto un disegno di legge che lascia gli Stati Uniti con due sole scelte: sanzioni o guerra. L'opzione diplomatica sembra essere fuori dal tavolo, tolta dai piedi dalla pressione dei vari falchi di guerra, neocon, dal primo ministro israeliano Netanyahu e i suoi alleati in Congresso. (Obama inizialmente aveva favorito una diplomazia aperta, senza scadenza; Netanyahu in qualche modo lo convinse che un termine sulla diplomazia aveva senso. Così non è.)

Anche alcune delle voci più progressiste sono in calo per questa falsa scelta, in gran parte perché la lobby – sebbene avanzando a fatica, poiché l’ideologia del J Street [gruppo non profit americano impegnato a promuovere la fine del conflitto israeliano-palestinese- ndt] si muove in chiara ascesa tra i giovani ebrei e quelli di mezza età - riesce ancora ad intimidire.

L'altro giorno, è apparso sul giornale ebraico Forward un Op Ed che sembrava risalire al 2002 circa [opposite to the editorial page – articolo di uno scrittore esterno alla redazione di un giornale e non necessariamente in linea con esso- ndt], del rabbino Eric Yoffie, capo del movimento di riforma ebraica in America e un progressista.

Il pezzo di Yoffie è una cris de couer, che invita tutti gli ebrei a sostegno di una linea dura contro l' Iran. "Ora è tempo", egli scrive, "di fare pressione sul nostro governo affinché si muova in modo più marcato per contrastare la minaccia iraniana”.

Il pezzo di Yoffie è significativo per due ragioni. La prima è che egli non sostiene la ridicola tesi che un Iran nucleare sarebbe disposto ad accettare il suicidio al fine di distruggere Israele. Il rabbino conosce con sufficiente chiarezza le relazioni internazionali e il comportamento umano per comprendere che esistono limiti a ciò che le nazioni possono fare per creare un punto politico e che il suicidio nazionale non è uno di questi.

No, la sua descrizione della minaccia a Israele è tanto più sottile quanto più onesta.

Egli scrive: "Anche se l'Iran sviluppasse armi nucleari e non le usasse, il pericolo per Israele sarebbe ancora intollerabile. Israele non può vivere all'ombra di un Iran nucleare. Nella mente dei suoi cittadini e della comunità mondiale, Israele cesserebbe di essere un luogo sicuro in cui vivere".

C'è del vero in questo. Il pensiero di un Iran nucleare così vicina a Israele è sconvolgente. Ma allora fu così anche per la Guerra Fredda. Ed è un fatto che la Corea del Nord, Pakistan, India e Russia hanno tutte armi nucleari - per non parlare di tutte quelle armi nucleari mancanti che potrebbero finire, Dio non voglia, nelle mani dei terroristi. E tale è la vita in questi giorni a New York, Washington, Londra e - soprattutto - Seul, dove, appena sotto la superficie, vi è la paura che una catastrofe potrebbe accadere in qualsiasi momento.

Va notato, inoltre, che per la maggior parte del mondo, l'idea che Israele ha più di 200 armi nucleari e, a differenza dell'Iran, non ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, è di per sé profondamente preoccupante. In realtà, gran parte del mondo ritiene che Israele è così veemente sulle armi nucleari iraniane perché vuole rimanere l'unica potenza nucleare in Medio Oriente, volendo sentirsi libera di fare ciò che vuole, quando vuole. Le piace la sua egemonia. Questo è ciò che viene prospettato da Yoffie.

Tuttavia, sono d'accordo con lui che il mondo, e non solo Israele, vivrebbe meglio se l'Iran non sviluppasse armi nucleari.

Ma la mia idea di come impedire un Iran nucleare è piuttosto diversa da quella del rabbino.

Ecco Yoffie: "Non c'è una soluzione ipotizzabile per la minaccia di un Iran nucleare che non richieda una leadership americana. Tutte le opzioni – sia sanzioni economiche che azioni militari - sono impossibili senza il sostegno americano".

Divertente, Yoffie si riferisce a "tutte" le opzioni, quando ne nomina solo due - sanzioni o guerra. È come se avesse avuto intenzione di includere l'unica opzione che ha senso, la diplomazia, e avesse cambiato idea all'ultimo momento. Il "tutto" è il residuo di un pensiero che non permette a se stesso, sia perché si oppone onestamente alla diplomazia o perché non vuole incrociare l’ AIPAC [American Israel Public Affair Commette –ndt].

Le alternative di Yoffie non sono affatto alternative. Le sanzioni non funzioneranno (tranne che per punire iraniani comuni e arricchire quelli che sfidano le sanzioni) e l’ "azione militare" non produrrà nulla se non più morti - tra cui americani - e, molto probabilmente, una guerra regionale. Una guerra eliminerebbe qualsiasi possibilità che Israele possa mai avere la pace con il mondo musulmano e distruggerebbe la reputazione dell'America in una regione fondamentale.

Qual è il pensiero di Yoffie quando esclude la diplomazia, ma include una terza guerra in Medio Oriente? La preventiva strage di innocenti è davvero un’opzione legittima per persone civili del 2010? Beh, non per me o per gli ebrei della Riforma che guardano a Yoffie per la leadership. (Gli ebrei sono per lo più colombe e gli ebrei della Riforma, a loro vanto, sono più «colombe» di tutti.)

E’ la guerra, non la diplomazia, che dovrebbe rimanere fuori dal tavolo. Sono sicuro che il rabbino Yoffie lo sa. Questo è ciò che avrebbe dovuto scrivere.

Titolo originale: "The Coming Iran War "

Fonte: http://www.huffingtonpost.com
Link
28.05.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONCETTA DI LORENZO

venerdì 11 giugno 2010

Il costo della guerra degli Stati Uniti nell'Afghanistan, Irak supera $1 trilione

Il costo delle guerre in Afghanistan gli Stati Uniti 'e Iraq sono i contribuenti costano più di un trilione di dollari dal 1 ° giugno, secondo un rapporto pubblicato da un'organizzazione non-profit "National Priorities Project".

http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=20100610&articleId=19662

La BP, google, il disastro ambientale e il piano fintoecologista



Da http://aliceoltrelospecchio.blogspot.com/

La BP, google, il disastro ambientale e il piano fintoecologista

La British Petroleum, proprietaria della piattaforma franata nel Golfo del Messico (secondo alcuni dati a seguito di un atto voluto o di un sabotaggio, per le versioni ufficiali a seguito di un incidente dovuto alla troppa smania petrolifera), che da tempo riversa in mare tonnellate di petrolio con conseguenze ecologiche disastrose (e non solo per le coste USA) ha "comprato" alcune parole chiave (ad es. "petrolio", "marea nera" ecc) dal motore di ricerca Google (che è il più usato al mondo) e da Yahoo al fine di dirottare sul proprio sito ufficiale gli internauti che cercano informazioni sul disastro...
La BP si difende dicendo di averlo fatto al fine di garantire migliori informazioni agli internauti, ma in realtà potrebbe averlo fatto principalmente per due motivi:
- [versione ufficiale che gira in rete] per minimizzare la percezione del disastro e/o delle proprie responsabilità;
- per aiutare ad insabbiare il sabotaggio che avrebbe fatto collassare la piattaforma (facendo in modo che i siti che ne parlano scendano nelle classifiche di Google/Yahoo diventando meno visibili);
ciò è almeno in parte suffragato dal fatto che gli articoli che parlano delle implicazioni ad es. della Halliburton o della partecipazione economica dei Rotschild alla BP risultino assai poco visibili in rete.

Ma perchè i Burattinai (aiutati dal governo USA e forse pure dalla BP stessa) dovrebbero aver voluto provocare un tale disastro ecologico?

Semplice: per rimarcare che la dipendenza energetica dal petrolio è dannosa e non solo per via delle emissioni di CO2 ma pure per il rischio di catastrofici disastri marini.
Ciò farebbe parte del piano fintoecologista di cui Obama è l'attore principale (l'ATTORE, non colui che ha deciso di attuarlo! difatti egli è uno dei Burattini più che un Burattinaio).
Tale piano usa la truffa del Riscaldamento Globale Antropico e della sovrappopolazione al fine di portarci passo passo verso il Nuovo Ordine Mondiale, e nell'mmediato questa tragedia viene usata appunto dall' amministrazione Obama per spingere la Carbon Tax , la nazionalizzazione del petrolio in USA.

E' certamente vero che portare migliaia di tonnellate di petrolio in giro per il mare su enormi e poco manovrabili petroliere comporti serissimi rischi ambientali: difatti gli incidenti con petroliere sono relativamente frequenti.
E' anche vero che le trivellazioni, soprattutto quelle fatte a grandi profondità oceaniche o in luoghi difficili e delicati come l'Alaska comportino seri rischi ambientali (anche se l'incidente successo alla piattaforma della BP appare perlomeno sospetto, se non una vera e propria "operazione sotto Falsa Bandiera", visti i sistemi di sicurezza che aveva). Come è vero che il petrolio inquina, sia quando viene disperso nell'ambiente, sia quando viene raffinato, che quando viene bruciato come combustibile (ma la CO2 è il problema minore: sono le altre sostanze derivate dalla combustione a essere ben più tossiche).
Riguardo al "picco del petrolio" invece ho trovato posizioni assai contrastanti, ciononostante le ultime guerre degli USA sono state motivate anche dal bisogno di appropriarsi di petrolio (però questa è solo una delle cause, o meglio è la causa più facilmente visibile: non si fa mai una guerra per un solo motivo)..

Ciononostante il petrolio ci sarà indispensabile finchè non verranno rilasciate al pubblico ed utilizzate tecnologie veramente alternative (le cosiddette energie alternative di cui tanto si parla non sono abbastanza efficenti per essere una reale alternativa, potrebbero al massimo aiutare se ben utilizzate..) e finchè non si faranno ampi interventi strutturali per far diminuire gli sprechi (intendo lavori estensivi alle reti elettriche, non la diffusione di pubblicità in cui si invita la gente a staccare il caricabatterie quando il cellulare non è in carica..) e non si implementerà radicalmente il sistema dei trasporti pubblici.

Putroppo però il vero problema è che i Pazzi Malthusiani Globalisti che ci governano usano la CO2, il petrolio, la fame provocata nei paesi poveri ecc al solo fine di condurci al NWO, e dove non c'è un problema, si affrettano a crearlo, oltra a sfruttare dirigere e ingigantire i problemi esistenti...

Per questo è probabile che abbiano deciso di causare l'esplosione alla piattaforma petrolifera, e hanno pure proposto di usare un atomica per chiudere la falla (della serie: quando la soluzione è peggio del male, anche se per ora pare che questa folle idea sia stata abbandonata). Un disastro di tale portata, avvenuto proprio all'inizio delle stagioni di pesca del gambero e di raccolta dei molluschi, e pompato dai media con foto strappalacrime di pellicani agonizzanti ricoperti di petrolio (che ricordano fin troppo il caso della foto del cormorano morente per via del cattivone Saddam che durante la Prima Guerra del Golfo aveva incendiato alcuni suoi pozzi per non farli cadere in mani americane: peccato che tale foto fosse un falso, poichè in quella stagione non c'erano cormorani in Iraq), le scenate iraconde di Obama, le spiagge e le paludi annerite, le immense macchie rossicche dovute all'uso di un disperdente tossico pompato in mare per disperdere il petrolio (sapevano che era tossico, ma lo hanno fatto comunque e con il benestare dell' EPA), la disperazione dei pescatori locali e la frustrazione dei bagnanti ecc...tutte queste cose sono un ottimo modo per manipolare l'opinione pubblica, e condurla verso la causa pseudoecologista facendole accettare il dazio che ci faranno pagare.
Esattamente come è servito l'11settembre per far approvare le guerre in Iraq e Afghanistan e il Patriot Act, servono disastri ecologici per far rinunciare al SUV l'americano medio, e servono più disastri per far accettare tasse globali sul carbonio e roba simile..sino ad arrivare al NWO..


Altra chicca sono le coincidenze cinematografiche: difatti nel film "Knowing" (che parla di premonizioni di disastri e del 2012 come della Fine del Mondo e l'inizio di un Nuovo Eden per gli Eletti: bambini dotati di Coniglio Bianco in braccio e salvati da spaventosi Men in Black rivelatesi poi come Angeli di Luce cari alla New Age e all' Ufologia), appare proprio il disastro di una piattaforma petrolifera del Golfo del Messico che affonda fra le fiamme...casualità? certo, come casuali sono le Illuminati Game Card che riproducono gli eventi dell' 11settembre più di cinque anni prima...o almeno questo è ciò che penseranno gli "pseudoscettici a oltranza" (scettici sempre e solo sulle versioni non ufficiali, mai su quelle ufficiali per quanto strampalate e antiscientifiche possano essere...)...

Quindi, SE veramente il disastro della piattaforma della BP è stato un evento casuale, è stata proprio una gran fortuna per la cricca pseudoecologista..e pure il tempismo (con interruzione della stagione di pesca, vitale per quelle zone e l'impossibilità di balneazione estiva) è stato eccezionale!

L'assassinio di Osho. Perché si uccide un leader spirituale.




Da Paolo Franceshetti blogspot
http://paolofranceschetti.blogspot.com/2010/06/lassassionio-di-osho-perche-si-uccide.html


Paolo Franceschetti


Osho fu assassinato dalla CIA mediante avvelenamento da tallio e morì il 19 gennaio 1990, all’età di 60 anni. Che fu assassinato non lo dice un complottista come me; lo dice lui stesso, lo dicono i suoi allievi, e la storia del suo assassinio è narrata nel libro “Operazione Socrate”, che spiegano anche le ragioni per cui venne avvelenato.
Ritengo però che le cose non siano andate esattamente come le raccontano i suoi allievi, e qui spiegherò il perché.


Negli anni della mia adolescenza e successivamente, fino alla laurea, non avevo molta simpatia per Osho. I media infatti lo presentavano come un guru spirituale che viaggiava in Rolls Royce, e i cui seguaci facevano orge e fumavano haschisch.
Mi infastidiva poi la quantità di libri in circolazione che portavano il suo nome. Sono usciti infatti circa 400 titoli a suo nome, che trattano tutti i temi della vita; la religione, la vita, la morte, l’amore, il denaro, la depressione, la felicità, la politica, l’etica.

I suoi seguaci poi mi parevano un po’ sciroccati. Qualche anno fa ne conobbi uno ad un corso di meditazione; gli chiesi come mai, se era stato assassinato, i suoi seguaci non organizzavano manifestazioni, non scrivevano libri, aprivano siti e denunciavano il problema.
Mi rispose: “E perché mai dovremmo denunciare la sua morte? Osho non è mica morto. Se ne è andato il suo corpo ma lui è più vivo che mai”.
Un’altra volta mi imbattei in un Sannyasin seguace di Osho ad un corso di Shiatsu. Mi disse: “Osho non è stato assassinato. Chi crede di averlo ucciso si sbaglia e non ha capito niente della vita. Osho se ne è andato quando la sua anima ha deciso. Ha solo scelto di andarsene in quel modo”.
Dopo aver ascoltato queste risposte rimanevo con la sensazione che i seguaci delle idee di Osho fossero un po' sciroccati e dicevo tra me “ecco perché nessuno si occupa della sua morte; questi qui dicono addirittura che non è morto, o che ha scelto lui di morire”.
Anzi, dopo aver parlato con loro mi convincevo che la storia del suo assassinio doveva essere una balla, prima di tutto perché nessuno dovrebbe aver interesse a uccidere il leader di un branco di sciroccati; e in secondo luogo perché questa storia della CIA mi pareva una stupidaggine; “quando non si sa a chi dare la colpa, si tira sempre fuori la CIA o gli extraterrestri”, pensavo.

Qualche anno fa presi in mano un libro di Osho, “La via delle nuvole bianche”, e rimasi colpito dalla bellezza e della profondità del libro. Poi ne lessi altri e via via mi convincevo che il suo pensiero era di una profondità fuori dal comune, che mal si attagliava all’immagine di orge e Rolls Royce che i media ne avevano tramandato.

D’altronde la data della sua morte era quanto meno sospetta, perché è difficile, ai nostri giorni, morire a sessanta anni per cause naturali, specie se stiamo parlando di un uomo che viveva seguendo una dieta sana e principi anche spirituali sani.
Decisi quindi di approfondire.


La morte di Osho.
Osho aveva lavorato, e poi fondato una comunità spirituale, in India. Nel 1981 si trasferisce in America e fonda una comunità nell’Oregon, ad Antelope. Raineeshpuram.
Venne arrestato il 28 ottobre del 1985 a Charlotte nella Carolina del nord e fu tenuto in stato di arresto per dodici giorni.
Motivo dell’arresto: immigrazione clandestina. In poche parole, per quello che, in Oregon, è un semplice illecito amministrativo, Osho fu tenuto, illegalmente, dodici giorni in prigione e gli fu comminata una pena di dieci anni di galera (con la sospensione condizionale) in aggiunta all’espulsione dagli USA.
Più nel dettaglio, venne accusato perché alcuni cittadini americani che frequentavano la comunità di Osho aveva contratto matrimoni di convenienza con degli stranieri, per far acquisire loro la cittadinanza americana.
L’accusa poi era sicuramente falsa, perché Osho era il leader di una comunità che contava oltre 7000 persone; difficile immaginare che fosse direttamente colpevole di questi reati.
Ma, quand’anche fosse stato responsabile, Osho viene sottoposto ad una serie di procedimenti illegali, e tenuto in stato di arresto per molti giorni in più rispetto a quella che sarebbe stata la normale procedura.
I suoi avvocati non vennero avvisati dell’arresto.
Venne trasferito in dodici giorni in prigioni diverse, senza motivo e senza una regolare procedura.
Fu registrato in una prigione con il falso nome (per quale motivo?) di David Washington.
Fu tradotto in un carcere di Contea e non nel carcere federale, dove per giunta rimase 4 notti anziché una, come previsto in genere per i prigionieri in transito.
Leggendo la sua biografia, e il libro che alcuni suoi discepoli hanno scritto sulla sua morte, saltano agli occhi poi alcune cose.
Anzitutto la testimonianza di un detenuto in carcere per omicidio, Jonh Wayne Hearu, che al processo dichiarò di essere stato avvicinato per gettare una bomba sulla comunità di Osho.
L’insabbiamento di alcune testimonianze di agenti federali che dichiararono che stavano indagando sugli autori di una minacciata bomba nel carcere in cui era stato tradotto Osho; pare che le telefonate partirono da centri istituzionali, ma l’inchiesta su questa vicenda venne insabbiata e il funzionario che stava indagando venne trasferito.
Il giorno dell’arresto erano pronti centinaia di militari che avevano circondato la comunità di Osho in assetto da guerra e con elicotteri da combattimento; ma Osho fu avvertito della cosa e quel giorno si fece trovare a casa di una sua seguace, dove si consegnò pacificamente.
Per giunta da giorni gli avvocati di Osho chiedevano notizie circa l’eventuale possibile arresto di Osho il quale, nell’eventualità, voleva consegnarsi spontanemente; le autorità americane rassicuravano i legali dicendo che non dovevano temere nulla, ma l’arresto fu effettuato a sorpresa e con la preparazione di un vero esercito. Questo perchè, a mio parere, avevano preparato una strage che fu sventata dall'allontanamento di Osho dalla comunità.

Un altro fatto inspiegabile di quei giorni è che Osho disse di essere stato in carcere per undici giorni, quando invece i giorni erano dodici. In altre parole, per un giorno Osho perse la memoria. Non fu mai chiarito il perché e come.
La cosa più incredibile, comunque, è che a seguito di queste vicende ad Osho fu riscontrato un avvelenamento da tallio che lo portò alla morte in pochi anni.

A questo punto, se un seguace di Osho, non essendo un complottista, si limita a riferire i fatti domandandosi il perché, per me è abbastanza chiaro il susseguirsi degli avvenimenti.
Lo spiegamento di forze militari in assetto da combattimento si spiega perché probabilmente, per il governo la cosa migliore sarebbe stato provocare un incidente per poter uccidere Osho direttamente il giorno dell’arresto. I giornali e le TV, che già negli anni precedenti avevano creato problemi alla comunità dipingendoli come satanisti, orgiastici, ecc., avrebbero fatto il resto e la vicenda sarebbe stata liquidata come un atto di ribellione da parte di fanatici fondamentalisti, repressa con le armi dall’eroico esercito americano.
Nei giorni successivi all'arresto Osho fu trattenuto in carcere più del dovuto perché doveva prepararsi l’avvelenamento da tallio; l'avvelenamento avvenne probabilmente spargendo la sostanza nel letto dove Osho dormì; lui infatti era solito dormire su un fianco, e la parte del corpo che risultà agli esami maggiormente contaminata fu proprio quella dove Osho aveva dormito.

In merito all’assassinio di Osho fu preparata anche una dichiarazione a firma di vari senatori, giornalisti e personaggi pubblici, tra cui Strik Lievers, Luigi Manconi, Marco Taradash, Michele Serra, Giorgio Gaber, Lidia Ravera, Giovanna Melandri, Gabriele La Porta, e altri, in cui dichiarano:


“Il quadro dei fatti descritto nel libro è impressionante e gravissimi sono gli interrogativi che ne escono, formulati esplicitamente dagli autori.

Va detto con chiarezza: se coloro cui spetta non vorranno o non sapranno dare risposte persuasive, saranno essi a legittimare come fondata la denuncia dei discepoli di Osho.

Da parte nostra riteniamo ci siano elementi più che sufficienti per richiedere l’apertura di un’inchiesta sul piano internazionale.

Ed è nostra intenzione non lasciare nulla di intentato perché si faccia luce su questa pagina oscura, per sapere se, ancora una volta nella storia, il diverso sia stato prima demonizzato e poi eliminato nell’indifferenza generale.

Questo comitato di sostegno nasce perché il caso Osho Rajneesh non sia dimenticato e diventi invece coscienza internazionale”.


Perché fu ucciso.
La spiegazione data dai suoi allievi, che Osho fu ucciso dai fondamentalisti Cristiani, che vedono Satana in tutto ciò che non è cristiano, non mi convince per varie ragioni.
C’è infatti un particolare, non piccolo, ma anzi di assoluta importanza, che sfugge ai seguaci di Osho.
Bush padre, come il figlio, e come Reagan (presidente al tempo dell’arresto di Osho) NON sono cristiani nel senso “cristiano” del termine. Il cristiano vero, in teoria, dovrebbe essere tollerante e amorevole verso tutti, e non dovrebbe per nessun motivo uccidere. Loro sono cristiani nel senso “rosacrociano”; fanno parte cioè di quel ramo dei Rosacroce deviato, l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro, che parlano di Dio e di Cristo intendendo questi termini in senso esattamente opposto al senso cristiano. Non a caso in nome di Dio scatenano guerre uccidendo milioni di persone, e Bush spesso ha ripetuto infatti che “Dio è con lui”. Perché il Dio in nome del quale scatenano la guerra è il loro Dio, Horus, non il Dio dei Cristiani.
Bush quindi non è un cristiano, e, anzi, da un certo punto di vista Osho è più cristiano di molti “cattolici”, in quanto seguiva alla lettera i principi di amore e tolleranza che sono scritti nei 4 vangeli.
Anzi, dal punto di vista dei Rosacroce, il movimento di Osho contribuisce col suo sincretismo ad abbattere la forza dell’ideologia cattolica, e quindi in questo senso è funzionale agli interessi della religione di Bush.

Il problema quindi non può essere religioso.

Leggendo gli scritti di Osho mi sono convinto che la ragione dell’omicidio è di tipo spirituale. Infatti, la comprensione e l’interiorizzazione dei principi su cui si basa la filosofia di Osho è idonea a scardinare proprio quei capisaldi su cui la massoneria rosacrociana basa la sua forza: ovvero il concetto della morte, e il concetto del denaro.
Osho con i suoi scritti incita a non temere la morte ed a viverla come uno stato di passaggio, in cui addirittura si vivrà meglio che nel corpo fisico.
E, nonostante girasse in Rolls Royce, non era attaccato al denaro.
Da giovane insegnava all’università ma rifiutò una promozione perché, lui disse, non voleva regalare ancora più soldi allo stato con le tasse.

Dopo qualche tempo lasciò il lavoro perché non si ritrovava in quel mondo lavorativo.
E non si preoccupò mai del denaro, perché sosteneva che nell’universo arriva sempre esattamente ciò di cui hai bisogno, nel momento giusto.
Le Rolls Royce arrivarono perché la sua comunità attirava anche gente ricca, e ciascuno metteva in comune ciò che aveva; a Rajneeshpuram ciascuno metteva in comune ciò che aveva e che poteva. Gli avvocati gestivano gratis i problemi della comunità; i muratori costruivano, i medici curavano, i docenti di varie displine insegnavano e, ovviamente, chi aveva soldi, donava soldi.
Osho spiegava che la civiltà occidentale viveva una strana schizofrenia nel rapporto con il denaro; da una parte alcuni lo eleggono ad oggetto di culto; dall’altra, quando si incita a vivere una vita spirituale, si tende a disprezzarlo o farne senza. In realtà il denaro e il lusso sono un mezzo come un altro, che possono esserci o meno, ma che non devono intaccare la serenità interiore che invece si acquista con altri mezzi.

Apparentemente contraddittorio poi anche il suo rapporto con la vita; se da un lato insegnava ad amarla e a viverla in pieno, dall’altro non ne era attaccato.
Esemplare, in questo il racconto della sua morte effettuato dai suoi seguaci: nella notte lui si sentì male per l’ennesima volta, sfinito dagli anni del dopo carcere e dai dolori.
– Chiamiamo Amrito? – chiesero i suoi seguaci. Amrito era il medico personale di Osho.
– No, rispose lui. E’ il momento che me ne vada. Inutile forzare ancora le cose. Oramai soffro troppo in questo corpo.

Insomma, Osho faceva paura perché il sistema massonico in cui viviamo si basa su due fondamenti:
la paura della morte.
la paura della perdita economica.

Senza queste paure il sistema massonico, che vive di minacce dirette o indirette (se ti opponi perderai il lavoro; perderai la vita; perderai l’onore perché ti infagheremo) non potrebbe resistere.

Senza la paura della morte (tua e dei tuoi cari) svanisce anche il ricatto familiare che si riassume nella frase: non ti opporre al sistema se tieni alla tua famiglia.

Aggiungiamo anche che la comunità di Osho, vivendo secondo un sistema di valori e abitudini differente da quello su cui basano le comunità occidentali (ciascuno metteva in comune ciò che aveva) sarebbe perfetta per contrastare gli effetti della crisi economica in cui stiamo per piombare a capofitto.
La crisi economica infatti si basa essenzialmente sulla perdita della disponibilità del denaro, inteso come posta contabile.
Ma se imparassimo a vivere incentivando forme di scambio tipiche dell’antico baratto (io ti do ciò che ho, abilità manuali, conoscenze intellettuali, il mio lavoro di falegname, avvocato, medico, elettricista, esperto di Pc, ecc., in cambio tu mi dai ciò che hai, prodotti dell’orto, materie prime, il tuo terreno, la tua casa, ecc...) gli effetti della crisi economica potrebbero in parte essere attenuate se non addirittura azzerate (si pensi a piccoli paesi di montagna o di campagna, in cui il mettere in comune fin da subito le proprie capacità e i propri beni potrebbe essere una soluzione immediatamente praticabile).

Anche dal punto di vista religioso, Osho poteva far paura, ma per un altro motivo. Egli non ha fondato una sua religione, né si ispirava ad una religione particolare. Nei suoi libri e nei suoi discorsi utilizzava il Vangelo quando parlava a persone cattoliche, i Sutra buddisti quando parlava a buddisti, i Veda indiani quando parlava a induisti, e attingeva da fonti ebraiche, sufi, e chassidiche. Scrisse anche “Le lacrime della Rosa mistica”, tra i tanti libri.
Si possono leggere i suoi scritti, quindi, pur restando buddisti, cristiani, o ebrei.
Ma dava una lettura dei testi sacri più moderna e al passo coi tempi, il che poteva far paura a coloro che ancora ragionano con schemi che risalgono a migliaia di anni fa, e che usano la religione come uno strumento per tenere sotto controllo le menti degli adepti.

Osho, in altre parole, fu ucciso per lo stesso motivo per cui furono uccisi altri leader spirituali famosi, come Ghandi e Martin Luther King. Più in generale, fu ucciso per la stessa ragione per cui vengono uccisi tutti quelli che si ribellano al sistema denunciandolo fin nelle fondamenta, dai cantanti, agli scrittori, ai registi, ai magistrati, ai giornalisti.
La diffusione delle idee di Osho poteva contribuire a scardinare il sistema.

Ma su un punto aveva ragione Osho. Il suo pensiero, per quanto abbia potuto fare il sistema in cui viviamo, non è andato perduto. Lo testimoniano la continua ristampa e le nuove edizioni dei suoi libri, che si diffondono costantemente sempre di più.
Per certi versi Osho è più vivo che mai.

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“Si dovrebbe accogliere la morte con gioia... è uno dei più grandi eventi della vita. Nella vita, esistono solo tre grandi eventi: la nascita, l’amore e la morte. La nascita, per tutti voi, è già accaduta: non potete farci più nulla. L’amore è una cosa del tutto eccezionale... accade solo a pochissime persone, e non lo si può prevedere affatto.
Ma la morte, accade a tutti quanti: non la si può evitare. È la sola certezza che abbiamo; quindi, accettala, gioiscine, celebrala, godila nella sua pienezza.
La morte è semplice svanire nella fonte. La morte è andare nel regno di ciò che non è manifesto: è addormentarsi in Dio.
Di nuovo tornerai a fiorire. Di nuovo rivedrai il sole e la luna, e di nuovo e ancora... fino a quando non diventi un Buddha, fino a quando non riuscirai a morire in piena coscienza; fino a quando non sarai in grado di rilassarti in Dio consciamente, con consapevolezza.
Solo allora, non esiste ritorno: quella è una morte assoluta, è la morte suprema.”

“Se mi hai amato, per te, io vivrò per sempre. Vivrò nel tuo amore. Se mi hai amato, il mio corpo scomparirà, ma per te, io non potrò mai morire. Anche quando me ne sarò andato, so che tu mi verrai a cercare. Certo, ho fiducia che tu verrai a cercarmi in ogni pietra e in ogni fiore e in ogni sguardo e in tutte le stelle. Posso prometterti una cosa: se mi verrai a cercare, mi troverai... in ogni stella e in ogni sguardo... perché se hai veramente amato un Maestro, con lui sei entrato nel Regno dell’Eterno. Non è una relazione nel tempo, dimora nell’assoluta atemporalità.
Non ci sarà morte alcuna. Ιl mio corpo scomparirà, il tuo corpo scomparirà, ma questo non farà una gran differenza. Se la scomparsa del corpo creasse una pur minima differenza, dimostrerebbe soltanto che tra noi non è accaduto l’amore.”


OSHO
MAI NATO
MAI MORTO
HA SOLO VISITATO
QUESTO PIANETA TERRA
11.12.1931
19.01.1990