sabato 15 maggio 2010

Diario dalla Prigione di Gaza: ricordando la Nakba di ieri e di oggi


Da Infopal.it

Di Vittorio Arrigoni, da Gaza.



Uno dei motivi che mi hanno indotto a proporre a Infopal una rubrica settimanale dalla prigione di Gaza è stato l’ignobile attacco subito dall’agenzia da parte della Commissione sull’antisemitismo presieduta da Fiamma Nirenstein, e da certa carta stampata.

Quando la verità è soggetta a questo sistematico killeraggio è da corresponsabili non prendere posizione.

Alla Fiamma italica più dispotica dopo quella di Rauti ha già risposto sagacemente la redazione, per i giornalisti che si adoperano a cassa di risonanza di questi vili attacchi sionisti, varrebbe la pena spendere qualche parola in più.

Alla giornalista, per esempio, che sul quotidiano online del sole 24 ore addita Infopal come teorizzatore di chissà quale complotto internazionale plutocratico-giudaico-massone, solo perché ci ricorda ogni atto di terrorismo di stato compiuto da Israele, vorrei ricordare che la pulizia etnica della Palestina non se l’è inventata Infopal. E non è una teoria, ma una pratica ideata da Theodor Herzl nel 1897 con i futuri fondatori d’Israele, i quali consideravano i palestinesi nientemeno che “una stirpe inferiore semplicemente da accantonare ed espellere, senza diritti, senza una Storia, un non-popolo” (come egregiamente illustrato da Paolo Barnard nel suo “Perché ci odiano”).

Una lunga sequela di massacri ha gettato le fondamenta di quello che è oggi lo stato d’Israele in un continuo stermino di civili arabi da più di sessant’anni fino ai giorni nostri.

Dalla strage del King David Hotel il 22 luglio 1946, portata a termine dalle bande terroristiche paramiliari ebraiche Irgun e Stern, fino al massacro di Gaza un anno e mezzo fa ad opera dell’IDF, l’esercito israeliano degno erede di quelle organizzazioni terroriste (una lista completa dei massacri più efferati qui: http://www.arabcomint.com/imassacr.htm )

Negare che vi è stata ed è tutt’ora in corso una pulizia etnica in Palestina, con la continua colonizzazione della West Bank (ormai ridotta in bantustan nella peggiore prassi dell’apartheid razzista sudafricana) e tramite l’occupazione e l’oppressione di Gaza è negare la storia; un po’ come affermare che gli attuali Stati Uniti non sono stati fondati sul sangue del genocidio dei nativi nordamericani.

Intellettuali di pregio come Noam Chomsky, Norman Finkelstein, Tanya Reinhart, Gideon Levy, Uri Davis, Uri Avnery, Ilan Pappe e Aharon Shabtai che hanno dedicato la loro vita alla narrazione della pulizia etnica in Palestina agli occhi di giornalisti del calibro dell'autrice del suddetto articolo devono apparire tutti come pericolosi antisemiti. Peccato che questi nomi che ho citato sono tutti ebrei, e alcuni pure cittadini israeliani.

Pulizia etnica in corso, e virtualmente già terminata con la totale cancellazione della Palestina e della sua popolazione indigena.

Non mi credete?

Fate una prova.

Cliccate sul sito del ministero del Turismo israeliano:

http://www.goisrael.com/Tourism_Ita/Tourist+Information/Discover+Israel/Map+of+Israel.htm

Ora cliccate sulla mappa interattiva:

http://www.eyeonisrael.com/Israel-touring-map.html

Giudea e Samaria: la pulizia etnica è terminata, la Palestina è stata cancellata.

La Nierenstein può brindare e la sua commissione essere sciolta, non ha più ragione d’essere.

Il progetto a cui sta alacremente lavorando Netanyahu e tutti i primi ministri israeliani che lo hanno preceduto dal 1948 ad oggi è stato già virtualmente realizzato da Stas Misezhnikov, ministro del Turismo.

Scrivo alla vigilia dell’anniversario della Nakba, la catastrofe palestinese.

Dalle finestre della mia casa sul porto ho dinnanzi una Gaza ridotta all’oscurità dalla mancanza di elettricità, e poco oltre l’orizzonte le luci fatiscenti d’Israele, come a irridere la nostra miseria.

E’ la città di Ashkelon.

Ashkelon e Sderot sono i due avamposti di colonizzazione sionista più prossimi a noi incarcerati nella Striscia.

Ashkelon e Sderot non esistono sulle bocche degli anziani di Gaza, perché vengono ricordate dai profughi con i loro reali nomi: Al-Jura e Najd.

Era metà maggio del 1948, quando in seguito a saccheggi, stupri, omicidi e attacchi terroristici questi profughi furono scacciati dalle loro terre, e da allora, fissano come me questa sera l’orizzonte.

Da qualche parte fra quelle luci c’erano le loro case, le loro vite depredate.

Secondo la risoluzione Onu 194 e anche secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, articolo 13, gli abitanti di Najd e Al-Jura hanno il diritto di ritornare ad abitare nelle loro personali proprietà e nel loro villaggio nativo.

Loro e circa il milione di palestinesi (compresi i discendenti) scacciati dai più di 500 villaggi distrutti 62 anni fa.

Villaggi ai quali Israele ha depredato anche il nome, ma non la memoria.

Gli israeliani soffrono di grave e pervasiva amnesia, una sindrome che colpisce anche molti giornalisti italiani quando scrivono di Palestina.

Restiamo Umani

Vittorio Arrigoni per Infopal.it

Gaza, 14 maggio 2010

Blog: http://guerrillaradio.iobloggo.com/

Altre puntate del Diario:

Diario dalla Prigione di Gaza.

Nessun commento:

Posta un commento